Domenica – 25 giugno 2017 – Anno A
Parola del giorno: Ger 20,10-13; Sal 68; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33
DAL VANGELO SECONDO MATTEO (Mt 10,26-33)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «26Non abbiate dunque paura di loro, poiché nulla vi è di nascosto che non sarà svelato né di segreto che non sarà conosciuto. 27Quello che io vi dico nelle tenebre voi ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze. 28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. 29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. 30Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. 31Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri! 32Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli».
COMMENTO AL VANGELO
a cura di don Riccardo Donà, accompagnatore spirituale Acli Friuli Venezia Giulia e Acli Trieste
Qualche volta quando camminando per strada incrociamo qualcuno che ha attraversato il Mediterraneo per trovare qui da noi in Europa la salvezza, la pace, il lavoro, la sicurezza, ci viene da pensare, da giudicare, guardando quel viso tanto diverso dal nostro, il colore della sua pelle, i suoi vestiti… “Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli“.
Il Vangelo di Gesù di questa XII domenica di giugno ci viene incontro, ci aiuta a ritrovare quel volto di Gesù nostro fratello nel volto di un altro fratello che ci passa accanto e non più anonimo, ma che ora ha un significato più profondo, quel volto non sarà più anonimo avrà un nome.
“Non abbiate paura“, non è forse la paura quella che in questo tempo ci angustia quando usciamo da casa? Lo è stato anche per gli Apostoli, ricordiamo la paura che avevano di uscire dal Cenacolo, dopo la Resurrezione del Signore. Per ben due volte Gesù ripete “non abbiate paura”, é un incoraggiamento forte ad uscire per le strade, a portare il lieto annuncio “Io sono il Risorto andate e annunciate a tutti che la morte è stata sconfitta“.
La resurrezione avviene già qui, quando io Lo riconosco nei miei fratelli poveri, delusi, ammalati, abbandonati, senza lavoro, dentro il nostro cuore avviene un cambiamento profondo, é l’amore che ci trasforma e trasforma tutto l’universo, ci fa sentire pieni di gioia, pace, senza paura, questa ci é stata tolta.
In un’altra parte del Vangelo Gesù ci dice “a chi mi ama mi manifesterò“, cioè Lui si mostra, non fisicamente ma nello spirito, é sempre Lui che appare davanti a noi nelle sembianze di questo o quel fratello da amare, non va dimenticato che la fonte della gioia è Gesù, in un mondo dove la gioia è molte volte trasgressione, droga, gioco d’azzardo, sesso libero e sfrenato, finanza giocata sulla pelle dei più poveri. Gesù ci indica la strada della vera gioia nell’incontro con Lui, senza paura, quel lui fratello, altro da noi, che ha appena incontrato senza saperlo un Risorto, ha incontrato uno che ha avuto il coraggio di amare uscendo da se stesso e gli ha trasmesso la gioia del Risorto.
Ma Cristo – ricorda Gregorio – è presente anche nei poveri, per cui essi non devono mai essere oltraggiati: «Non disprezzare costoro, che giacciono stesi, come se per questo non valessero niente. Considera chi sono, e scoprirai quale è la loro dignità: essi ci rappresentano la Persona del Salvatore. Ed è così, perché il Signore, nella sua bontà, prestò loro la sua stessa Persona, affinché, per mezzo di essa, si muovano a compassione coloro che sono duri di cuore e nemici dei poveri». «Sii generoso con questi fratelli, vittime della sventura. Da’ all’affamato ciò che togli al tuo ventre». (San Gregorio di Nissa Vescovo Cesarea di Cappadocia, circa 335 – 395)