Il 17 maggio 2017 è stato ospite delle ACLI il prof. Paolo Magri, direttore dell’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) e docente di relazioni internazionali alla Bocconi.
Magri, sollecitato dal Presidente Rossini a dare una valutazione sulla attuale situazione in Siria a dieci anni dall’inizio del drammatico conflitto, ha sottolineato come questa “è molto
complicata in quanto vi sono tre cerchi del conflitto: 1) il confronto diretto tra il regime di Assad, i ribelli e lo “stato islamico”; 2) la presenza di diversi “giocatori” esterni, come Iran e Russia (vicini ad Assad), Turchia (contro Assad), Stati Uniti, Arabia Saudita (sostiene i ribelli); 3) i curdi, i quali tentano di guadagnarsi l’indipendenza».
Sempre secondo Magri il fallimento degli accordi di Astana, in Kazakistan, che dovevano far giungere ad una tregua, è dovuto alla scarsa considerazione riservata ad Assad e ai suoi oppositori, e ciò fa sì che la situazione sul campo rimanga ancora molto confusa. In particolare a rendere ancora lontana la possibilità di una fine del conflitto è l’assoluta ostilità della Turchia ad una ipotesi di stato indipendente per i curdi e il fatto che gli Usa abbiano incrinato il fronte comune pro Assad con Russia e Turchia dopo il recente bombardamento su una base siriana.
Purtroppo l’Europa, ad eccezione della Francia, sembra incapace di una propria iniziativa diplomatica in questa fase ma potrebbe – sempre secondo Paolo Magri – giocare un ruolo nel post conflitto, quando occorrerà metter mano alla ricostruzione fisica, morale e culturale dell’area. L’Unione è il primo donatore di aiuti per l’emergenza e ciò la candida ad un ruolo post bellico importante, soprattutto considerando che al momento né gli Stati Uniti né la Russia sembrano volersene occupare.
Pure sul futuro assetto della Siria vi è incertezza, anche se una divisione del suo territorio non appare scontata, poiché, come accennato, non c’è la disponibilità della Turchia a riconoscere il ruolo sostenuto dai curdi nel conflitto e tantomeno di rendere stabile e definitiva la presenza di uno stato islamico, ruolo peraltro già rivendicato dall’Arabia Saudita.
Per quanto riguarda infine la situazione dei cristiani mediorientali il direttore dell’Ispi ha sottolineato la loro vulnerabilità, essendo poco più dell’4% della popolazione, per lo più concentrati in Egitto. La condizione di minorità ha comprensibilmente spinto i copti egiziani e i greco-ortodossi siriani a cercare l’appoggio dei rispettivi regimi, tanto più che sia Al Sisi che Assad sono poco tolleranti con le fazioni più radicali dell’islam. Questo però espone i cristiani a possibili ritorsioni e la visita del Santo Padre in Egitto ha voluto proprio rendere esplicito da un lato la solidarietà e la vicinanza alla comunità cristiana copta, dall’altro, attraverso l’incontro con le autorità islamiche, ha inteso sottolineare che nel Medio Oriente non è in atto una guerra di religione ma un conflitto tra stati e minoranze integraliste. L’incontro con il generale Al Sisi ha invece ha inteso richiamare l’attuale presidente egiziano alle sue responsabilità, specialmente dopo che ha attuato un vero e proprio colpo di stato giustificandolo con la promessa di una maggiore sicurezza e protezione della società egiziana dalle fazioni islamiche più oltranziste.
In questo incontro con il Prof. Magri non poteva mancare un accenno al fenomeno della massiccia migrazione verso l’Italia e l’Europa. Magri ha notato come l’Italia sia solo marginalmente interessata dal flusso di profughi della guerra siriana, i quali si fermano per lo più in Turchia, Giordania e Libano. A migrare sulle nostre sponde sono invece gli africani, mossi da motivazioni economiche, e nonostante sia ormai innegabile che certe Ong abbiano trasformato l’esodo in un business ciò non ci esime dal dovere di accoglienza, e soprattutto dal cercare idonee forme di integrazione, evitando lo spettacolo di giovani che sostano nei centri di accoglienza per mesi e anni «a ciondolare, senza far nulla»