Via libera dell’UE alla Riforma del Terzo settore, ora cosa succede?

Il primo via libera della UE alle misure della Riforma del Terzo settore oggetto di valutazione

A quasi 8 anni dall’approvazione dei 2 decreti legislativi della riforma del Terzo settore, il d.lgs 3 luglio 2017 n. 112, Revisione della disciplina in materia di impresa sociale, e il d.lgs 3 luglio 2017 n. 117 denominato Codice del Terzo settore, arriva il parere positivo a buona parte dei punti oggetto di autorizzazione da parte dell’Unione Europea.

In attesa di poter leggere la “comfort letter” della Commissione che si occupa di aiuti di Stato e concorrenza (auspicandone una pubblicazione, altrimenti anche il rapporto con il potere istituzionale è diseguale e non si può avere un vero confronto), alla luce del comunicato del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e di alcuni commenti di diversi esperti possiamo proporre alcune considerazioni.

Innanzitutto va detto che, anche se non siamo alla formale approvazione, c’è da aspettarsi che tutte le nuove norme fiscali possano finalmente entrare in vigore dal 2026. Anche se restano dei punti importanti sui quali ci sarà un supplemento di confronto, è una buona notizia essenzialmente per due motivi.

Il primo perché si riconosce il profilo specifico, distintivo, degli enti di Terzo settore, anche oltre la loro natura meramente non lucrativa. Il secondo perché lo sblocco definitivo di questo passaggio permetterà la definitiva entrata in vigore dell’intero nuovo assetto delle misure fiscali.

In particolare la lettera parrebbe aver riconosciuto nella riforma non più un regime di solo favore, che concede delle deroghe alle regole, una gentile concessione, bensì il riconoscimento della diversità e della necessità di un regime specifico per il Terzo settore, tessuto su misura di questo mondo, e non mutuato dalle imprese profit. Si tratta delle stesse motivazioni, della stessa tesi che ci è servita in questi anni – controcorrente specie quando parlare di modifiche sembrava un’eresia – per reclamare ed ottenere per due volte pacchetti di modifiche importanti della riforma stessa, nonché l’apertura di una prossima terza fase di elaborazione di emendamenti.

La lettera basa questo riconoscimento sulla motivazione che anche laddove un ETS mette a riserva un utile o un avanzo (entro certi limiti e con le differenze dettate dalle diverse tipologie di soggetti e di attività) non si tratta comunque di risorse sue proprie, ma che potremmo dire restano della comunità perché comunque vincolate al perseguimento più o meno immediato (anche con una devoluzione delle patrimonio, dovesse l’ente chiudere, o dell’eventuale incremento dello stesso, dovesse uscire dal Terzo settore) delle finalità statutarie e, direttamente o indirettamente (attraverso le attività strumentali) dedicate allo svolgimento di attività di interesse generale.

Si tratta di un passaggio utile anche per affermare ancora una volta il diritto di non essere trattati in decine di migliaia di associazioni, sulla vicenda dell’introduzione dell’obbligo di essere soggetti IVA, come se si fosse delle aziende che finora per quasi due decenni hanno finto di non esserlo, come tanti evasori – che invece vengono ripetutamente condonati o sono universalmente legittimati ad essere al di sopra dei i regimi fiscali delle nazioni dalle quali estraggono la proprio ricchezza destinata a pochi iper-intoccabili e al loro antidemocratico accumulo di strapotere.

Per provare a riassumere meglio quanto pare emergere dalla lettera spendiamo però alcune righe su perché e come viene chiamata in causa l’Europa.

I due decreti legislativi di cui sopra, in base al Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, subordinano l’efficacia di alcune disposizioni all’autorizzazione della Commissione Europea. Non di tutte le norme, ma solo di alcune parti.

Tuttavia prevedono, per ovvia conseguenza:

– nel merito del Codice del Terzo settore, la complessiva entrata in vigore delle misure fiscali che fanno riferimento alla tassazione diretta (determinazione del reddito e imponibilità) nell’anno di imposta successivo alla suddetta autorizzazione europea, fermo restando che quelle riferite alla tassazione indiretta (registro, successione, intrattenimenti) nonché al Social Bonus e alle deduzioni e detrazioni dal reddito dei donatori, sono già da tempo in vigore;

– per le norme sulle imprese sociali – decreto legislativo 112 del 2017 -, l’efficacia delle misure fiscali e di sostengo economico (art. 18) e di quelle relative al Fondo per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali (art. 16) solo dopo l’autorizzazione europea.

Ma quali sono le parti oggetto di autorizzazione della Commissione?

Per quanto riguarda il d.lgs. 112/2017, le imprese sociali, le misure degli articoli appena citati: art. 16 e art. 18.

Per quanto riguarda il Codice del Terzo settore – d.lgs. 117 del 2017 – gli articoli:

– Art. 77 (Titoli di solidarietà);

– Art. 79, comma 2-bis (l’attività di interesse generale degli enti di Terzo settore, ETS, che non svolgono in via esclusiva o prevalente attività di impresa è considerata non commerciale non solo se i corrispettivi richiesti non superano i costi effettivi – e non più solo i costi diretti come ora – ma anche qualora i ricavi non superino di oltre il 6% i costi effettivi per ciascun periodo d’imposta e per non oltre 3 periodi d’imposta consecutivi);

– Art. 80 e 86 (modifica dei regimi forfettari di favore degli enti del Terzo settore per svolgere attività commerciale non prevalente, senza essere quindi considerati enti commerciali: rispettivamente, art 80 per ETS non commerciali in genere e specifico, art. 86, per organizzazioni di volontariato e associazioni di promozione sociale).

Con riferimento alle misure sull’impresa sociale (d.lgs. 112 del 2017) la Commissione ha chiesto un supplemento di confronto su una parte dell’articolo 18 (in particolare sulle detrazioni/deduzioni di parte dell’investimento in imprese sociali costituite in forma di società, che hanno la qualifica di imprese sociali da non più di 5 anni), dando invece un parere positivo sul primo comma dell’articolo 18 (la defiscalizzazione di utili o avanzi di gestione destinati alle attività statutarie, o ad incremento del patrimonio, e il riconoscimento per le imprese sociali costituite in società della possibilità di un limitato rimborso al socio del proprio capitale senza che possa configurarsi come lucro).

Sulle misure oggetto di autorizzazione nel Codice invece la Commissione ha chiesto un supplemento di confronto sui Titoli di solidarietà (art. 77), dando un parere positivo sul resto.

Siamo quindi in una fase ancora interlocutoria su alcuni aspetti, ma che segna decisamente un passaggio che dovrebbe oggettivamente portare alla chiusura in tempi brevi e così all’entrata in vigore di tutte le misure dei nuovi regimi dal 2026.

Restano fuori da tutto ciò la vertenza per la riduzione IRAP anche per gli enti non commerciali (che oggi pagano molto più del profit) e quella sull’IVA.

In merito all’IVA, laddove vi siano attività d’interesse generale svolte con modalità commerciali o d’impresa il mondo del Terzo settore (piattaforma Forum Terzo Settore) chiede maggiori agevolazioni, mentre per le associazioni del Terzo settore relativamente alle attività svolte con i propri soci si chiede invece il ritorno dell’esclusione dall’IVA, esclusione che ad oggi non è più prevista a partire dal 2026.

Infatti, come affermato come ACLI e ARCI in merito alla lettera della Commissione: “…la riforma arriva finalmente a compimento e nel farlo sancisce e rafforza il riconoscimento del profilo innanzitutto non commerciale delle associazioni del Terzo settore e delle loro attività sociali, a differenza di altri enti non

profit. Un riconoscimento e una distinzione che permettono di affrontare con più e migliore attenzione l’urgenza ancora non risolta di tornare all’esclusione IVA per le attività rivolte ai soci delle associazioni di Terzo settore. La mancata risoluzione di questo nodo comprometterebbe gli effetti positivi derivanti dall’autorizzazione europea, esponendo molte associazioni, soprattutto quelle più piccole o che operano autonomamente in contesti di fragilità, a concreti rischi per il loro futuro. Ora a maggior ragione è irrimandabile la definitiva chiusura di questo passaggio” (comunicato congiunto dell’11 marzo 2025 del Presidente ACLI Emiliano Manfredonia e del Presidente ARCI Walter Massa).

Stefano Tassinari, Responsabile nazionale Terzo settore ACLI