I più deboli rischiano due volte. Non possiamo non dirlo con forza, in questi giorni drammatici, nei quali dobbiamo sentirci tutti, insieme alle nostre democrazie, più vicini che mai, soprattutto con chi è direttamente colpito e chi opera per salvare vite. Oltre i confini di ogni stato e le mura di ogni casa.
La prima perché più vulnerabili, o per condizioni fisiche o per condizioni sociali.
La seconda perché la già spesso carente, incompleta e frammentata rete di welfare sociale e non solo, in questa situazione di emergenza vede scomparire alcune prestazioni che sarebbero essenziali per i diritti e la vita stessa delle persone. Ciò anche grazie a una riforma incompiuta da vent’anni, nonostante molti passi avanti contro la povertà.
Non parliamo solo di anziani, ma di persone diversamente abili, migranti, rifugiate, detenute, senza fissa dimora… o in tante e diverse situazioni di fragilità.
Senza dimenticarci della sempre più grave, scandalosa e drammatica situazione di chi fugge dalla guerra e dalla povertà. Emergenza alla quale in questo decennio pare ci si sia assuefatti.
Il Forum del Terzo settore, del quale le ACLI sono parte, sta facendo un lavoro prezioso raccogliendo e costruendo proposte concrete, ma anche lanciando, come ha fatto ieri, un grido di allarme perché il sistema è al collasso.
È molto importante reclamare innanzitutto la possibilità di operare in piena sicurezza per molti servizi e attività che volontari e operatori tengono in piedi. Comprese le tante colf, che dovrebbero essere ringraziate insieme all’eroico personale medico e sanitario e al volontariato, perché permettono al nostro paese, anche loro sovente a rischio della vita, la parte più consistente dell’assistenza a casa. Oltre un milione di persone, prevalentemente straniere (anche stavolta discriminate e dimenticate dagli ammortizzatori in deroga) che sostengono a casa altrettante famiglie: non poco in un momento nel quale invitiamo a stare a casa, senza però renderci abbastanza conto che per molti stare a casa potrebbe altrimenti significare “essere dimenticati”.
Urge un piano straordinario per il sociale, facendo quel salto in avanti (anche raddoppiando i fondi esistenti) che stenta da troppo tempo, e che siamo in grado di fare solo se visto e interpretato come investimento, e se fatto coinvolgendo e valorizzando tutta l’abnegazione che persone e comunità stanno e hanno sempre dimostrato di mettere a disposizione attraverso il Terzo settore e non solo.
Un piano che valorizzi la casa, insieme ai paesi e quartieri, come corpi vitali, come risorse di cura e di partecipazione, di solidarietà.
Un piano, che in una, speriamo prossima, ripartenza oltre l’emergenza, che dovrà purtroppo fare i conti con una forte crisi del lavoro, può rappresentare un importante veicolo generativo di nuova occupazione e imprenditorialità sociale.
Un piano che può essere paradigma di un futuro oltre l’emergenza, di un’epoca radicalmente nuova, in cui il primato della cura di quello che siamo e possiamo essere come persone, comunità e ambiente, prevalga sulla logica dominante del consumo e della speculazione a danno del pianeta e della condizione umana. Sulla logica del dominio e della guerra; e di una corsa al riarmo, la cui economia scandalosamente, anche in questi giorni di chiusura, viaggia a pieno ritmo.
Stefano Tassinari
Vicepresidente nazionale ACLI, Responsabile Terzo settore