Cittadinanza e diritto di voto per le seconde generazioni: sono queste le azioni che oggi servono per completare il processo iniziato il 17 marzo del 1861 con l’Unità d’Italia.
“In questi anni l’Italia è cambiata, è diventata più grande grazie anche al contributo degli immigrati che lavorano e studiano qui. – commenta Antonio Russo, responsabile nazionale Acli per l’Immigrazione – Chi cresce in Italia si sente cittadino italiano, ne acquisisce l’identità. È ora di allargare l’idea di cittadinanza”.
Oltre 150 anni fa nasceva ufficialmente il Regno d’Italia che recepiva lo Statuto albertino del 1848 e le concezioni del tempo: anche se ufficialmente i cittadini erano tutti uguali, il voto era un diritto riservato ai maschi adulti che avevano un reddito di almeno 40 lire. La cittadinanza italiana era trasmessa per via paterna.
Con il tempo qualcosa è cambiato: nel 1946 le donne hanno cominciato a votare e nel 1983 la Corte costituzionale ha considerato illegittimo il fatto che solo gli uomini italiano potevano trasmettere la cittadinanza.
Per gli stranieri invece l’iter di naturalizzazione è rimasto lo stesso, anzi si è allungato. Oggi un immigrato deve aspettare 10 anni di soggiorno regolare prima di poter chiedere la cittadinanza. Tranne pochi casi, ciò che regola il diritto è ancora lo Ius sanguinis: sei italiano se hai un genitore italiano.
Rispetto al 1861 però gli stranieri sono diventati 5 milioni, circa il 10% della popolazione. Di questi circa un milione sono rappresentati dalle seconde generazioni: sono i giovani nati o cresciuti in Italia da genitori stranieri, hanno assimilato la cultura e la lingua ma non sono cittadini italiani.
Negli ultimi anni il movimento “L’Italia sono anch’io” che ha al suo interno anche le Acli ha chiesto modifiche alla legge in modo da garantire alle seconde generazioni diritti civili e possibilità di voto. Per Anontonio Russo, delle Acli, “è venuto il momento di riconoscere il loro contributo approvando la legge di cittadinanza”.
Nonostante la raccolta di 200 mila firme e l’approvazione alla Camera, la legge sulla cittadinanza è ferma da un anno e mezzo al Senato.
“Nel giorno in cui si ricorda l’Unità d’Italia – conclude Antonio Russo – bisogna pensare ad allargare i confini della cittadinanza. La patria non è solo la terra degli avi, ma quella che ti dà dignità e riconosce i tuoi diritti. Fin’ora gli stranieri sono stati considerati cittadini di fatto, è giunto il momento di trasformarli in cittadini di diritto”.