Le Acli, i lavoratori e il 25 aprile

Il 25 aprile 1945 il generale Clark, a capo delle operazioni militari statunitensi in Italia, dichiara terminata la guerra nella nostra penisola con la capitolazione delle milizie tedesche. Grande è l’entusiasmo e la gioia delle Acli nell’apprendere la notizia. Qualche giorno dopo, il 3 maggio del 1945, il Consiglio di presidenza nazionale delle Acli si riunisce. Quello che segue è il testo della dichiarazione rilasciata al termine dell’incontro: ” Il Consiglio di presidenza delle Acli, in quest’ora di legittimo orgoglio nazionale e di profonda letizia per l’avvenuta liberazione delle regioni del Nord dalla dominazione nazi-fascista, plaude all’opera coraggiosa e perseverante di tutti gli italiani combattenti per la libertà, i quali, in collaborazione coi vittoriosi eserciti Alleati, affrontando anche estremi sacrifici, hanno dato il più valido contributo alla scacciata del feroce invasore e al riscatto dell’onore dell’Italia di fronte al mondo intero; saluta i lavoratori cristiani delle province del Nord, i quali si sono affiancati ai lavoratori di altre tendenze, in unità di ideali, per la causa patriottica, che ha riunito ieri e dovrà riunire anche domani gli animi e gli sforzi di tutti gli italiani; e auspica prossimo il giorno in cui le Acli potranno accogliere nelle loro file tutti i fratelli delle province liberate, formando una numerosa e compatta famiglia, unita sotto i segni della Religione e della Patria”.

Dino Penazzato, che qualche anno dopo diventerà presidente delle Acli, in un articolo apparso in “Il Giornale dei lavoratori”  evidenzia l’importanza del ruolo dei lavoratori del Nord nella resistenza ai nazi-fascisti: “Là, nelle città del nord vi erano le migliori industrie nostre, e le prime notizie ci lasciano credere che siano rimaste in gran parte intatte. Un nemico che ci aveva crudelmente distrutto ogni cosa, non è riuscito al colpo che sarebbe stato per noi più fatale. I lavoratori hanno difeso le officine, non meno eroici di quelli che avevano lasciato le case e il lavoro per entrare nelle file dei patrioti. Se così è, il nostro avvenire sarà meno duro, e l’Italia dovrà anche questo ai suoi figli lavoratori.Noi tutti lavoratori dell’Italia Centrale e Meridionale salutiamo i nostri fratelli del Nord. Salutiamo gli operai e i contadini, i tecnici e gli artigiani, i lavoratori del braccio e quelli del pensiero. La dura barriera che ci divideva è crollata. L’Italia è libera e una, i nostri cuori battono più uniti che mai. Questa è la grande ora della liberazione: ma è anche la grande ora del lavoro. I lavoratori di tutta Italia devono sentirsi uniti per affrontare fraternamente l’incruenta, civile battaglia della ricostruzione, per procurare al lavoro quella giustizia che gli spetta e che mai come ora si è meritata. La Patria attende molto dal lavoro, che può contribuire notevolmente al bene comune. Molto è dovuto ai lavoratori, perché nel bene comune abbiano quella parte che spetta loro. Purché presieda all’opera di domani un ideale cristiano di giustizia, aperto e sincero, senza del quale l’opera sarebbe priva di quella verità interiore che rende solide le riforme e sana la vita”.

Anche Achille Grandi, in una lettera ai lavoratori del Nord, sottolinea l’importanza del sindacato unitario, da poco costituitosi. Nel suo scritto c’è anche spazio per uno struggente ricordo della figura di Bruno Buozzi. La parte finale della lettera è una sorta di testamento per i lavoratori più giovani, a cui augura di poter raccogliere i frutti di tanti sacrifici e sofferenza: “Il giorno fatidico, lungamente auspicato, è giunto! L’Italia, la nostra Patria dilettissima, culla, casa ed altare, è libera! […] L’Italia è libera e risorgerà. Questo suo secondo risorgimento morale, politico e sociale è definitivo. Anche per questo, o amici lavoratori del Nord, la Democrazia Cristiana, prima, l’Azione cattolica, poi, con sacrifici e rinunce lealmente compiuti ed accettati, hanno realizzato l’unità sindacale coi lavoratori delle maggiori correnti politiche e sociali nella Confederazione Generale Italiana del Lavoro. L’impegno reciproco di rispettare ogni credo religioso od opinione politica, della indipendenza dei partiti, dell’accettazione del metodo democratico, hanno persuaso i lavoratori cattolici italiani a superare legittime apprensioni, e a dare un esempio alle altre nazioni, pur salvaguardando in altre forme associative la tutela dei loro principi religiosi e la loro tradizione sociale. In tal modo, o lavoratori del Nord, io vi porgo il mio saluto come democratico cristiano e come Segretario della C.G.I.L. Il mio pensiero reverente e commosso corre in questo momento alla memoria buona, onesta e leale del compianto collega On.Bruno Buozzi, apostolo dell’unità sindacale, che, nel periodo clandestino e periglioso ha lavorato con me, con l’amico On. Gronchi, con gli On. Canevari, Di Vittorio, Lizzadri e pochi altri, per dare vita al Patto di Roma. Buozzi è caduto prima di vederne la realizzazione, vittima e martire glorioso della più bieca barbarie nazi-fascista. […] Io non vedrò quest’era di progresso e di pace, per la quale dedico le ultime fatiche, ma, se opererete con fede e costanza, voi lavoratori, e tra voi i più giovani, certo la vedrete, raccogliendo i frutti copiosi dei sacrifici e dei dolori che noi abbiamo, pure innocenti, sofferti in questa immensa tragedia. Viva l’Italia!

 

 

(Testi e ricerche a cura dell’Archivio storico Acli nazionali e Fondazione Achille Grandi)