La tragedia della Marmolada ha lasciato attonita l’Italia intera, e in primo luogo il pensiero va ai morti e ai feriti e alle loro famiglie, con la preghiera per i primi e l’augurio sincero ai secondi di guarire quanto prima. Un pensiero particolare ai dispersi e alle donne e agli uomini che con coraggio e professionalità stanno partecipando alle ricerche e ai soccorsi in una situazione complessa e pericolosa.
Occorrerà tempo per capire le dinamiche reali di questo disastro, ma alcune considerazioni si possono già fare, soprattutto alla luce delle dichiarazioni di molti abitanti e frequentatori di quei luoghi che hanno constatato il progressivo arretramento del ghiacciaio della montagna, gli interventi sistematici per la costruzione di impianti di risalita e di strade carrabili finalizzate ad un turismo di massa spesso inesperto ed irrispettoso dei luoghi.
Quanto vale per la Marmolada vale per molte altre montagne italiane, e quanto accade in questi giorni, anche se non sempre – e per fortuna- con un esito tanto tragico , è il frutto della combinazione fra la crisi climatica ed uno sfruttamento sistematico e per nulla oculato delle risorse naturali di cui il nostro Paese è tanto ricco.
Occorre rispettare la montagna: più in generale occorre rispettare la natura, i suoi ritmi, le sue specificità, anche perché il non farlo, il voler alterare sistematicamente il rapporto fra l’essere umano, le altre specie viventi e l’ambiente in cui tutti quanti viviamo implica la rottura di equilibri delicatissimi, che producono poi effetti disastrosi di cui il cedimento di un saracco del ghiacciaio della Marmolada è solo uno dei molti esempi possibili.
Sempre più, come ricorda la “Laudato si’ “, occorre aver presente che l’uomo non ha il dominio assoluto sul creato, e che gli operatori economici , sociali e politici abbiano ben chiara la necessità di “soluzioni integrali che considerino le interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali”.
Il tempo stringe.