Nel corso del 1995 le ACLI celebrano il cinquantenario della propria fondazione. La memoria diventa una preziosa occasione per ripensare le ragioni della propria missione e dell’identità associativa.
Il cuore delle celebrazioni è l’incontro con il Papa, il primo maggio in piazza San Pietro, definito dallo stesso Giovanni Paolo II, “la grande visita”.
Presentando quest’incontro il Presidente Nazionale Franco Passuello, facendo riferimento alla fedeltà alla Chiesa, ricorda che, dopo 50 anni, “il grande compito delle ACLI è ancora quello: essere testimoni del Vangelo nella costruzione di una società più umana. Una società dove il fiore della pienezza umana cresce sulla pianta della libertà che opera la giustizia, e dove il piccolo, il sofferente, il povero sono la testata d’angolo che edifica la nostra città”.
Giovanni Paolo II tiene un lungo e impegnativo discorso nel quale dopo aver ringraziato le ACLI tutte per il “dichiarato impegno ad operare nella Chiesa e nel mondo del lavoro alla luce del Vangelo, della speranza e della solidarietà”, fa riferimento alle tre fedeltà, alla Chiesa, alla democrazia e ai lavoratori, enunciate cinquant’anni prima, nello stesso giorno, da Dino Penazzato.
Il Papa esorta, quindi, le ACLI ad aprire una nuova fase “che deve inaugurare un serio processo di cambiamento attento al nuovo, ma pienamente in sintonia con i valori che hanno caratterizzato le vostre origini e la vostra vocazione di lavoratori e di credenti. Solo il Vangelo fa nuove le ACLI. La ‘rifondazione’ della vostra Associazione non può non essere affidata soprattutto alla capacità di mettere al centro la fede nel Dio rivelato in Cristo, dandone testimonianza chiara e trasparente”.
Importante, e consonante con le elaborazioni e le pratiche delle ACLI, un altro denso passo del discorso: “Il crollo dell’ideologia comunista, i radicali cambiamenti delle stesse economie di mercato, il malessere profondo che pervade le cosiddette ‘società del benessere’, creano scenari inediti per il lavoro umano. Superato lo scontro tra socialismo e liberalismo, nuovi pericoli investono il mondo del lavoro e la stessa vita umana. Basti pensare alla tendenza a separare le dinamiche della crescita economica dalle esigenze dello sviluppo sociale e in particolare dell’occupazione; alle nuove ingiustizie e alle violazioni della dignità trascendente della persona e dei suoi diritti più basilari”.
Nel suo discorso Giovanni Paolo II delinea le attese della Chiesa verso le ACLI, affidando loro – come ricorda Passuello nel suo editoriale su Azione Sociale del giugno 1995 – “un compito principale, uno stile associativo e due ambiti di intervento inscritti in un orizzonte. Il compito è testimoniare il Vangelo e ‘proporre nel mondo del lavoro e della produzione’ la dottrina sociale della Chiesa. Lo stile associativo si fonda sulla conversione al Vangelo, sulla sua ‘piena accettazione’ nella vita personale e nell’impegno associativo per recuperare ‘lo slancio missionario, l’ascolto, il dialogo, il servizio, lo spirito di povertà evangelica, la compassione, il coraggio di andare controcorrente per tutelare e promuovere i diritti di Dio e dei fratelli, specie dei piccoli e degli ultimi’.
Quanto ai due ambiti, il primo è un impegno per la formazione che abbia al centro ‘la maturazione di un’autentica spiritualità’ e che sia ‘cura delle persone, della loro identità ed originalità di uomini, di donne, di giovani e di adulti’; l’altro è una nuova cultura del lavoro ‘attenta alle esigenze integrali dell’uomo e rispettosa dei diritti delle persone, solidale verso i piccoli e i deboli’. L’orizzonte, infine, è operare per la costruzione di una società più giusta, libera e fraterna”.
A cura dell’Archivio Storico Acli Nazionali
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- Quel lievito, Franco Passuello, in Azione Sociale n.4, aprile 1995
- Discorso di Giovanni Paolo II ai componenti delle Acli per i 50 anni di fondazione – Roma, 1° maggio 1995
- Primo maggio ’95, Franco Passuello, in Azione Sociale n.6, giugno 1995
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