Domenica – 11 giugno 2017 – Anno A
Parola del giorno: Es 34,4b-6. 8-9; Dn 3,52.56; 2 Cor 13,11-13; Gv 3,16-18
DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI (Gv 3,16-18)
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «16Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 17Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
COMMENTO AL VANGELO
a cura di don Cristiano Re, accompagnatore spirituale Acli Bergamo
La festa che oggi la Chiesa celebra ci apre un altro squarcio su chi è Dio, su qual è la sua essenza profonda… la Trinità. Per secoli abbiamo cercato di dimostrare come l’uno stia nel tre e puntualmente abbiamo fatto fatica a tenere assieme teologia e matematica, finendo per perderci dietro a queste cose e perdendo di vista proprio ciò che di Dio avremmo dovuto sapere e che Gesù ci ha fatto conoscere.
E’ molto più comodo, in fondo, lasciare che Dio stia in un “suo” mondo, possibilmente astratto, incomprensibile e irraggiungibile e quindi il più lontano possibile dal nostro. E’ tutto più facile se sappiamo che lui tutto sommato è altro rispetto alla nostra storia. Lo abbiamo fatto così tanto che lo abbiamo reso “qualcosa in più” fino a sostituirlo con una religione di cosiddetti “valori non negoziabili” nei quali finalmente riconoscerci e a partire dai quali poter rivendicare la superiorità di ciò che siamo noi rispetto agli altri e questo a tutti i livelli. Così facendo abbiamo perso la caratteristica più profonda che c’è nel nostro Dio.
Nel suo atteggiamento, nelle sue parole, in ogni suo gesto, Gesù mostra un Dio non immobile, non chiuso in se stesso o nella sua perfezione. Per Gesù Dio non è mai il totalmente Altro, piuttosto lo racconta come un Dio abitato potentemente da una passione: quella di stabilire una comunione, essere in relazione. Un Dio che sceglie e ama abitare tra gli uomini. Un Dio che non indossa i panni di un monarca autosufficiente, ma che si mostra come dono, accoglienza, amore. Un Dio che vive di relazione che non può mai farne a meno. Chissà quante volte ci siamo chiesti chi è Dio? Ecco! Dio è comunione, è comunicazione, è famiglia. Se vuoi pensare a Dio nella sua essenza più profonda pensalo come quelle persone che si vogliono talmente bene da essere divenute una cosa sola. Pensalo come quelle amicizie talmente vere che tra i due si riesce a sentire nello stesso modo. Pensalo come quelle persone che per capire come sta l’altro devono solo guardarlo negli occhi o sentire il tono della sua voce. Pensalo come quel volersi bene che permette di superare tutti gli ostacoli perché sempre mette al centro le cose importanti e che sa bene che mai l’altro volontariamente farebbe qualcosa di male nei tuoi confronti.
Bellissimo che per comprendere i grandi misteri di Dio noi possiamo sempre tornare alle grandi categorie dell’essere uomini. Bellissimo che il mistero grande dell’unità d’amore di Dio sia racchiuso dentro alle immagini più vere del nostro essere uomini. Ecco la Trinità; quando hai fatto una vera esperienza di amore e comunione poi non puoi più farne a meno. Dio è colui che non può fare a meno di essere così. Pensate se noi mettessimo il criterio della comunione come grande passaggio di inizio, di indirizzo, come elemento costitutivo e di verifica per tutte le nostre varie attività pastorali, pensate se riuscissimo a rendere la dimensione della comunione una dimensione fondante dei nostri gesti, delle nostre scelte personali, di come stiamo con gli altri, di cosa desideriamo da loro e con loro.