Domenica 31 Dicembre 2017 – Anno B
Parola del giorno: Gn 15,1-6; 21,1-3; Sal 104; Eb 11,8.11-12.17-19; Lc 2,22-40
DAL VANGELO SECONDO LUCA (Lc 2,22-40)
[Quando furono compiuti i giorni della loro purificazioNe rituale, secondo la legge di Mosè, (Maria e Giuseppe) portarono il bambino (Gesù) a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.]
Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:
«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo
vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti
e gloria del tuo popolo, Israele».
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.
[Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui. ]
COMMENTO AL VANGELO
a cura di don Gianpaolo Romano, accompagnatore spirituale ACLI Como
Corriamo un rischio. Quello di costringere la famiglia di Gesù, di Maria e di Giuseppe in un bella cornice, quello di farla diventare un quadretto esemplare che ritrae una famigliola perfetta, laboriosa, pia e devota: un\’immagine adatta a fare retorica sulle famiglie in crisi, slabbrate e scucite, della nostra odierna società italiana. Sbaglieremmo. E non perché la Santa Famiglia manchi di esemplarità; tutt\’altro. Neppure perché non si avverta tutta quanta la crisi della vita familiare nel contesto in cui viviamo. Ma perché la grandezza di questa famiglia sta nella sua piccola semplicità. Meraviglia del Natale. È concreta, concretissima, questa famiglia, ed è nella sua concretezza e piccolezza che la osserviamo e ne restiamo ammirati. E ci accorgiamo che, mentre sfugge ai nostri criteri anagrafici e sociologici (un padre che non è un padre, una madre vergine), la famiglia di Gesù attraversa le stesse fatiche delle famiglie del suo tempo, ne condivide attese e delusioni, paure e slanci. E qui sta il primo grande stupore. Dio fa famiglia con noi, certo. Ma non basta. Perché non lo fa a modo suo, ma al modo degli uomini. Questa è la buona notizia. In Gesù Dio non ci mette di fronte a un superuomo impossibile da raggiungere, ma scende le scale del Cielo e si china su di noi e ci tocca con il suo amore. Meraviglia del Natale. Nella Santa Famiglia non ci impone un modello di perfezione inimitabile ma ci assicura che si unisce inestricabilmente a noi anche nelle quotidianità più misere e vuote. Altrimenti, che buona notizia sarebbe stata?
Ed è allora in questo preciso modo che la Santa Famiglia di Nazaret diventa anche fonte di ispirazione e modello da imitare. Perché prende strade che non aveva mai pensato di percorrere. E lo fa allargando il cuore nella fiducia. Proprio come Abramo. Perché accoglie una volontà che fatica a decifrare. Ma ci crede con umiltà. Perché vive la vita di ogni giorno senza alcuna superbia o supponenza e non si stanca di cercare ogni giorno Dio, anche se è lì che cresce accanto. Affronta salite e discese simili a quelle dei sentieri delle famiglie di ogni luogo e tempo e ci mostra il passo da tenere. Meraviglia del Natale.
Luca ci offre alcune pennellate di un episodio di questa vita familiare e dedica una pagina densa al racconto della presentazione di Gesù al Tempio. È un momento di festa, ovviamente, ma Giuseppe e Maria ci arrivano da poveri: lo testimoniano gli animali scelti per il sacrificio, cioè i colombi o le tortore, non l\’agnello dei ricchi. Ad essere rivelativo è l\’incontro con Simeone e Anna. Il cantico dell\’uomo, che attendeva con tenacia \”la consolazione di Israele\”, riprende le profezie di Isaia, ma con una differenza: i tempi verbali non sono al futuro, a indicare qualcosa che avverrà, ma al passato. In Gesù, in quel bimbetto, le antiche profezie messianiche, le attese di un popolo, le speranze dell\’umanità intera si sono avverate, hanno trovato corpo, hanno ricevuto una casa. Ancora una volta il Natale ci mette davanti a Dio che salva, e lo fa nella realtà più quotidiana e feriale possibile. Familiare, appunto. E ci dice che lì, nella nostra quotidianità e ferialità siamo chiamati a scoprirlo. Nei momenti più \”secolari\” o apparentemente banali della nostra vita. Anche dove tutto ci sembra una contraddizione, o dove ci è impossibile, umanamente, scorgere salvezza: nel dolore, nel rifiuto, nella croce più aspra. Lo promette Simeone a Maria, e lo promette anche a noi. Lo può promettere perché la Croce, su cui quel bimbo divenuto grande finirà, darà conto di tutto.
Maria e Giuseppe si recano a Gerusalemme, nel Tempio, per riscattare Gesù, in piena obbedienza alle prescrizioni della Legge. Ma lì si stava compiendo ben altro riscatto: quello di ogni uomo e di ogni donna. Da parte di Dio. Meraviglia del Natale.