A cura di Goffredo Boselli, monaco di Bose
Essere cristiani oggi significa interrogarsi sul significato del cristianesimo ma, più in profondità, anzi alla radice, significa interrogarsi sul rapporto che ciascuno ha con il Vangelo. Solo nella parola del Vangelo i credenti troveranno il modo, la forma e il cammino per essere cristiani oggi. L’urgenza non è, dunque, solo riformare la Chiesa e le sue istituzioni, ma quella di rinnovare radicalmente il suo rapporto con il Vangelo, perché il cristianesimo o esiste come annuncio del Vangelo oppure è non cristianesimo.
Sì, la missione che la Chiesa è chiamata a intraprendere è annunciare il Vangelo in primo luogo a sé stessa e solo in un secondo tempo e per riflesso ad extra. Il cristianesimo avrà futuro solo se il Vangelo sarà proclamato come Vangelo. A ragione Giancarlo Gaeta afferma che «Bergoglio non appare tanto interessato a ridare prestigio e centralità sociale alla Chiesa, bensì a rendere evidente la necessità di coniugare in tutt’altro modo il rapporto tra Chiesa e Vangelo, restituendo a quest’ultimo il primato ceduto all’istituzione sin quasi dall’inizio della storia cristiana» (La Repubblica 14 aprile 2019).
Se tutti costatiamo che siamo in un cambiamento d’epoca, dovrebbe essere immediato comprendere il senso della parola di Gesù: «Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno» (Mc 13,31). Una parola che risuona oggi più che mai attuale. mentre velocemente passano sopra di noi i cieli del messaggio, dei princìpi e anche di una certa dottrina cristiana.
Quando la vita della stragrande maggioranza dei nostri contemporanei non è più illuminata dalla parola cristiana, perché essa è lentamente entrata in un’ombra di insignificanza, è come se si spegnessero la luce del sole e della luna. (….)
Il Vangelo resta come parola sempre portatrice di novità. Questa convinzione è la condizione per poter essere cristiani, consapevoli che il cristianesimo non è chiamato a conservare il Vangelo e tanto meno a proteggerlo da chissà cosa, ma a interpretarlo e “inventarlo”, come parola capace di dire agli uomini e alle donne di oggi che un altro modo di vivere è possibile, una diversa umanità è realizzabile.
Discernere il germoglio della novità evangelica quando sotto i nostri occhi il “mondo cristiano” finisce, significa non ridurre il cristianesimo a ciò che è stato nella storia anche in un passato recente, ma a levare la testa verso l’avvenire del cristianesimo.
(…) Il Vangelo non sta al nostre spalle, ma davanti come nostro futuro. Il Vangelo è ancora l’avvenire dell’umanità. Il senso evangelico dell’umano può dare una risposta unica e originale ai problemi dell’umanità, contribuendo alla creazione di una società diversa.
«Le mie parole non passeranno» significa in definitiva credere che la vita di Gesù, da cui è nato il cristianesimo, non ha ancora esaurito tutto il suo significato. Per questo il Cristo è sempre il ‘Veniente”, l’invocato da noi cristiani che per primi non abbiamo ancora compreso l’evento Gesù in tutta la sua portata, le sue dimensioni e le sue profondità. Il cristianesimo avrà sempre una
parte mancante, memoria della sorgente ancora largamente impensabile delle parole di Cristo. Quando tutto passa, il Vangelo non passa perché è l’unica e vera parte sempre mancante alla Chiesa e all’umanità.
Essere cristiani oggi significa riconoscere che l’aggiornamento voluto dal Vaticano II oggi non è più sufficiente. Chi ha voluto, realizzato e applicato il Concilio era convinto che il messaggio cristiano sarebbe stato credibile se fosse stato meglio comunicato attraverso la riforma delle istituzioni e delle strutture della Chiesa, della formulazione della dottrina e del magistero,
della liturgia, della pastorale… Oggi, questo non basta più, perché l’uomo occidentale contemporaneo non riconosce più al messaggio cristiano alcun valore e significato.
Ha scritto Marie-Dominique Chenu: «Ritorno al Vangelo: il Vangelo è il lievito nella pasta. Il lievito, a forza d’essere impastato, sembrava essersi dissolto nella vecchia pasta; ecco, invece, che riprende la sua virulenza primitiva. Periodicamente la Chiesa si ritrova in questa condizione iniziale. […] Le “riforme” non sono più allora solamente delle purificazioni morali o delle benefiche racconciature; sono, invece, attraverso un ritorno al Vangelo, l’avvento d’una nuova cristianità».