I tre decreti legislativi approvati dal Consiglio dei Ministri e che permetteranno di completare l’attuazione della Riforma del Terzo settore rivelano un sforzo del Governo a migliorare ed arricchire i testi iniziali dialogando e provando a recepire soprattutto le istanze raccolte grazie al tavolo costituito con il Forum del Terzo Settore.
“Va apprezzato – dichiara Roberto Rossini, presidente nazionale delle Acli – un lavoro molto ampio teso a riordinare una disciplina assai articolata che ha visto, negli anni, il susseguirsi di norme, competenze e registri senza un quadro comune”.
Con i decreti, ora allo studio delle Commissioni parlamentari competenti e della Conferenza Stato-Regioni, si apre una fase cruciale che porterà alla definizione delle norme che daranno un “codice della strada” a un mondo vasto ed eterogeneo, che attende da tempo un quadro normativo chiaro, complessivo e di favore per tutte le esperienze.
Proprio la complessità e l’eterogeneità del mondo del Terzo settore e la necessità che questo lavoro possa veramente raccogliere l’insieme dei punti di vista e delle preoccupazioni di questo mondo – aggiunge Stefano Tassinari, responsabile nazionale Acli per il Terzo settore – esige che questo lavoro non si consideri per nulla concluso, ma debba ulteriormente svilupparsi nelle prossime settimane, affrontando alcuni nodi non ancora risolti in modo compiuto e chiarendo alcune urgenze e perplessità improvvisamente emerse dal Consiglio dei Ministri”.
Alcuni nodi di fondo riguardano la necessità di non appesantire gli adempimenti della vita sociale delle organizzazioni, concentrando l’attenzione sugli aspetti essenziali della vita sociale e democratica e nelle forme che ogni ente autonomamente decide di darsi; la necessità di recuperare appieno i principi di favore fiscale che, grazie alle precedenti norme, consentivano all’attività economica, ma non d’impresa, di sostenere l’operato sociale.
Riteniamo sia urgente ovviare alla cancellazione – imprevista – di alcuni commi che non permettono più alla cooperazione sociale di poter trovare uno sviluppo ulteriore nell’impresa sociale.
Occorre, inoltre, chiarire il riferimento, presente nella legge sull’impresa sociale, alla compatibilità delle norme con il decreto legislativo che riguarda le aziende partecipate dal Pubblico.
Sarebbe già sufficientemente chiaro, nella legge delega e in altre parti del testo, affermare che gli enti pubblici pur potendo prendere parte ad un’impresa sociale, al pari del privato profit, non possono controllarne o coordinarne l’attività.
“Occorre chiarire e fugare ogni dubbio sul ruolo delle aziende partecipate dal Pubblico – continua Tassinari – che potrebbero avvalersi comunque dell’essere formalmente non pubblica amministrazione, ma enti privati comunque senza lucro, per controllare o coordinare indirettamente imprese sociali.
Poche righe – aggiunge l’esponente delle Acli – chiarirebbero efficacemente la volontà del legislatore di non permettere un coordinamento o controllo non solo diretto, ma neanche lontanamente indiretto attraverso altre organizzazioni di emanazione pubblica”.
“Siamo certi – conclude il presidente Rossini – che guardando a questi punti con concretezza e determinazione, il nostro Paese potrà marcare un passaggio storico e strategico per promuovere una società più giusta”.