Una ricerca pubblicata sull’infodata del Sole24ore dimostra che l’Italia è al di sotto della media europea in termini di istruzione e formazione. Non è una novità, si dirà. Ma vedere i numeri nudi e crudi aiuta a prendere qualche consapevolezza di realtà. Questa volta la misura è il Regional Competetiveness Index, ossia l’indice che misura la competitività su base regionale, va da 1 a 100: più è vicino al 100 più ci sono laureati e persone in formazione (anche se lavorano) e vari altri indicatori che tengono conto della vicinanza alla formazione terziaria. La media europea è 58,5: non c’è alcuna regione italiana che raggiunga la media. Anzi, delle cinque peggiori, tre sono italiane (e due rumene). L’unica regione che supera di misura il 50 è la provincia di Trento. Le regioni più “formate” sono i paesi baltici, Estonia, Lettonia e Lituania e parti della Polonia e della Danimarca. Trionfo del nord Europa, crisi del sud Europa.
Si può fare qualcosa di concreto? Ora? Sulla legge di bilancio? In Italia – come spiega l’associazione Forma – se è attivo un sistema di IeFP (istruzione e formazione professionale), diminuisce la dispersione scolastica e – inoltre – si ottengono tassi più elevati di occupazione giovanile. Purtroppo molte regioni non hanno ancora attivato la formazione professionale, pur essendo prevista fin dal 2003, dai tempi del ministro Moratti. Anzi, la disponibilità di istruzione e formazione professionale sarebbe un Lep, cioè un Livello essenziale di prestazione da offrire a tutti i cittadini italiani.
Occorre dunque un impegno per attivare seriamente e omogeneamente l’istruzione e la formazione professionale in tutta Italia. Per questo sarebbe necessario inserire nella legge di bilancio un apposito emendamento per assicurare un finanziamento per le Regioni in cui la soglia di partecipazione ai percorsi della IeFP (qualifica e diploma) non sia inferiore alla soglia del 2%. Inoltre occorre potenziare i finanziamenti sugli ITS, per almeno raddoppiare nel breve termine il numero degli iscritti. Infatti, a fronte di circa 1,5 milioni di studenti universitari (pochi), solo 13mila giovani hanno oggi la possibilità di frequentare un percorso ITS, segmento del livello terziario non accademico, con straordinari risultati in termini di successo formativo ed occupazionale: lo 0,62%. Anche questo è un incredibile ritardo del nostro Paese rispetto agli altri grandi Paesi d’Europa.
Se il Paese vuole parlare di futuro, può farlo senza enunciarlo a parole ma con fatti precisi: questo, per esempio. Nella legge di bilancio, poi, si parlerà di sforamenti e di vari zerovirgola per rispettare gli impegni europei o di qualche lobby. Ci rendiamo anche conto che questa è una legge di bilancio che potremmo definire “difensiva”, che ci evita guai peggiori. Ma se si riuscisse a dare qualche segnale di vita, non sarebbe invano: spendere qualcosa di più per assicurare una migliore formazione è spendere bene i pochi soldi disponibili.