Di Daniele Rocchetti, delegato nazionale alla Vita cristiana
“Non posso tacere che il gesto che oggi ho compiuto vuole essere una risposta a quella richiesta più volte fatta da don Lorenzo al suo Vescovo, e cioè che fosse riconosciuto e compreso nella sua fedeltà al Vangelo e nella rettitudine della sua azione pastorale. In una lettera al Vescovo scrisse: “Se lei non mi onora oggi con un qualsiasi atto solenne, tutto il mio apostolato apparirà come un fatto privato…”.
Don Milani, figura profetica
Dal Card. Silvano Piovanelli, di cara memoria, in poi gli Arcivescovi di Firenze hanno in diverse occasioni dato questo riconoscimento a don Lorenzo. Oggi lo fa il Vescovo di Roma. Ciò non cancella le amarezze che hanno accompagnato la vita di don Milani – non si tratta di cancellare la storia o di negarla, bensì di comprenderne circostanze e umanità in gioco -, ma dice che la Chiesa riconosce in quella vita un modo esemplare di servire il Vangelo, i poveri e la Chiesa stessa.” Parole bellissime queste pronunciate da papa Francesco a Barbiana, il 20 giugno di tre anni. Parole che mettono il sigillo sulla qualità evangelica di un prete – don Lorenzo Milani – che è stato per più di una generazione una figura di riferimento fondamentale, che ha motivato tantissimi all’impegno politico o sindacale e portato a scelte di condivisione con gli ultimi e con chi fa più fatica.
L’”inspiegabile attualità” di don Milani
Il 26 giugno prossimo saranno 53 anni dalla morte di don Lorenzo eppure la sua esistenza – conclusasi quando aveva solo quarantaquattro anni – continua a provocare la coscienza di credenti e non credenti del nostro paese. E sono in tanti a chiedersi dove stia oggi l’attualità di questo prete, sepolto nel cimitero di Barbiana, poche case sparse qua e là, ai piedi del Monte Giovi, e tanto, tanto silenzio.
Continuo a credere che il modo migliore per onorare la sua memoria – e non ridurlo a santino evanescente – stia nell’approfondire la sua vicenda ma anche, e soprattutto, nell’assumere le nostre responsabilità. Francuccio Gesualdi, uno dei “ragazzi” del Priore, quando gli chiedono “chi era don Milani?”, risponde che era un uomo che credeva profondamente nella dignità e nell’uguaglianza. Parole che nella vita e con le scelte ha cercato di sostanziare, andando oltre la facile retorica. Per questo, dice Francuccio, don Lorenzo insisteva molto sull’idea del cercare di essere “padroni della realtà”. Che voleva dire, anzitutto, che la persona degna è una persona che è capace di sapere dove si trova e di dominare la realtà; dominare nel senso che la conosce ed è capace di determinarla.
Poi significa che ciò che caratterizza la dignità è una persona che non si lascia mai strumentalizzare da nessuno. Infine, è la capacità di decidere insieme agli altri dove vogliamo andare. Questo era un suo caposaldo, convinto che se non esiste dignità non esiste neanche la possibilità di potersi avvicinare a Dio. Lui era un prete, e prete sino in fondo!, per cui questo era il suo obiettivo ultimo ma ciò non si poteva raggiungere se prima non c’era questo passaggio verso la dignità. “Il priore” – ricorda spesso Francuccio – “diceva sempre che non è possibile fare il salto dalla bestia al santo: prima bisogna passare per il passaggio dell’umano.”
Cittadini sovrani
D’altronde, analfabeta, nel gergo di don Milani, non è soltanto l’uomo che non sa parlare o non sa leggere o non sa scrivere, ma piuttosto l’uomo che non sa come stanno i fatti del mondo, come si trasforma una data realtà, come un popolo possa farsi soggetto della propria liberazione e infine come un cittadino possa vivere da soggetto libero e attivo all’interno della propria comunità. È il tema della cittadinanza “sovrana”: la capacità cioè di parlare in prima persona, di conoscere e di stare dentro i processi di cambiamento. Luogo etico, avrebbe detto padre Erneseto Balducci, dove si riconosce l’ordine esistente come ingiusto e si è “prima” degli organismi politici di rappresentanza che dovrebbero cambiarlo: si è in grado di giudicarli, di contestarli, di rifondarli.
Sortirne tutti insieme è politica
Sono in molti a chiedersi in questo tempo come è possibile immaginare “un nuovo inizio”. Ecco, io credo che se vogliamo dare andare verso nuovi paradigmi occorra che ciascuno senta la responsabilità della propria, non altrui, cittadinanza sovrana. Custodire, in modo competente, la passione civile, l’impegno politico, l’amore per le cose serie della vita, lo schierarsi sempre, a qualsiasi costo, contro l’ingiustizia. È la lezione di San Donato e di Barbiana. È la lezione di un uomo che ha con lucidità ha scritto”Il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia“.
Ancora papa Francesco a Barbiana. “Questo è un appello alla responsabilità. Un appello che riguarda voi, cari giovani, ma prima di tutto noi, adulti, chiamati a vivere la libertà di coscienza in modo autentico, come ricerca del vero, del bello e del bene, pronti a pagare il prezzo che ciò comporta. E questo senza compromessi.”
È la lezione di un prete che con coraggio ha più volte sostenuto che “quando ci si affanna a cercar apposta l’occasione di infilar la fede nei discorsi, si mostra di averne poca, di pensare che la fede sia qualcosa di artificiale aggiunto alla vita e non invece modo di vivere e di pensare.”
Onorare la memoria di don Lorenzo Milani è assumere le nostre responsabilità. Qui e adesso.