Come ogni anno anche ieri è arrivata l’ennesima incursione legislativa, stavolta per imporre il regime Iva a tutto il Terzo settore, esattamente come un anno fa quando per fortuna si cambiò rotta, e dopo il tentativo del 2018 di togliere le riduzioni Ires agli enti non profit. È davvero incomprensibile che un emendamento del genere venga approvato mentre, con una decisa e forte collaborazione coordinata dal Ministero del Lavoro, si è definito un testo per correggere la parte fiscale della riforma del Terzo settore. Lo stesso Governo, per altri lidi, dimenticando totalmente il dialogo avviato col Forum del Terzo settore e la sua presenza al tavolo del partenariato sul PNRR, dà il suo assenso ad un emendamento per imporre il regime Iva su tutti gli enti di Terzo settore, che nella grande maggioranza dei casi è composto di piccoli gruppi e associazioni non commerciali.
Siamo basiti, ci domandiamo se si preferisca avere rispetto e considerazione e quindi un dialogo autentico solo con chi fa la voce grossa, tenuto anche conto del fatto che molti adempimenti chiesti al Terzo settore non sono richiesti neanche alle imprese profit, o a soggetti che godono di molte più agevolazioni fiscali o di redditizie e intoccabili concessioni pubbliche.
Tocca ricordare al legislatore che Aldo Moro, nel discorso all’Assemblea Costituente col quale chiese che i primi tre articoli della Costituzione fossero riscattati dalla posizione secondaria nella quale stavano in quel momento nel testo, per essere collocati appunto come i primi tre principi costituenti, menzionasse tra i tre pilastri della nostra democrazia antifascista la centralità dell’autonomia delle formazioni sociali. Qui invece si continua di fatto a trattare le formazioni sociali come fossero una subordinata della Pubblica Amministrazione o, peggio, di qualche area politica, pensando si debbano adeguare in silenzio agli improvvisi e paradossali cambi di umore del potere.
È innanzitutto questo modo furtivo di procedere nel promuovere emendamenti sul Terzo settore che lascia basiti e mostra un volto irrispettoso verso un mondo che non è e non vuole essere alla sequela di nessuno.
Ed è inaccettabile voler definire l’attività di tutto il Terzo settore come commerciale, negando in questo modo gran parte della sua storia e della sua identità che lo vede “terzo” rispetto a Stato e Mercato.
C’è nella visione di chi partorisce certi emendamenti una volontà più o meno consapevole di ridurre l’autonomia di un mondo che molto spesso fa arrivare la nostra Repubblica e la nostra Costituzione dove lo Stato non arriva, con l’aggravante che in questo modo si mina lo sforzo di riconoscimento del percorso della stessa riforma del Terzo settore che proprio con questo Governo era ripreso a pieno ritmo.