Le ACLI si uniscono al cordoglio ed alla preghiera di papa Francesco e di tutta la Chiesa universale per la scomparsa del Papa Emerito, Benedetto XVI.
In tutta la sua esistenza di teologo, Vescovo , Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede ed infine Sommo Pontefice, Joseph Ratzinger è stato guidato da una fortissima passione per la verità che egli intendeva come manifestazione dell’amore di Dio per gli uomini in Gesù Cristo.
Segnato dall’esperienza della Seconda Guerra mondiale e dal doloroso cammino di ricostruzione della sua Patria tedesca, egli si fece carico del terribile fardello dello sterminio del popolo ebraico e di altre presunte “razze inferiori” da parte del potere nazista al fine, come disse nella sua visita ad Auschwitz nel 2006, di ottenere “con la purificazione della memoria, alla quale ci spinge questo luogo di orrore (…) di porre un limite al male e dare forza al bene”.
Sempre saldo fu il suo riferimento al Concilio Vaticano II, cui partecipò come esponente di punta fra i periti che affiancavano i Padri conciliari, che egli intese come “riforma e non rottura” rispetto alla continuità della grande Tradizione della Chiesa, spesso scontando incomprensioni e malesseri rispetto a quelle che gli sembravano fughe in avanti o veri e propri errori teologici.
In materia sociale, egli operò per il rinnovamento della Dottrina sociale della Chiesa alla luce delle esigenze dei tempi nuovi , come testimonia la grande enciclica “Caritas in veritate”, imperniata sul binomio “giustizia e bene comune” sulle orme della “Populorum progressio” di Paolo VI, sottolineando per parte sua lo stretto legame che intercorreva tra “fraternità, sviluppo economico e società civile”, e ricordando che “la giustizia riguarda tutte le fasi dell’attività economica”, e senza giustizia non si dà un’economia a misura dell’essere umano.
Il gesto storico della rinuncia al pontificato, nel febbraio del 2013, eleva Benedetto XVI ad una statura veramente storica in quanto permette di ricondurre la figura del Papa ad una dimensione più umana, in cui l’ammissione della debolezza fisica non viene più celata in nome di presunti interessi superiori ma viene accolta come parte della condizione umana, permettendo di rimettersi alla volontà e all’amore di Dio per quello che non si riesce ad operare in prima persona, sapendo che altri continueranno il cammino. In ogni caso, questi quasi dieci anni di ritiro non sono stati inoperosi, giacché Ratzinger li ha vissuti in studio ed in preghiera in comunione con il suo successore e con tutta la Chiesa.
Un ringraziamento per la sua fede, per il suo amore alla verità e per il coraggio con cui ha assunto una decisione straordinaria ed inedita, e, insieme a Papa Francesco, ci mettiamo nella scia del suo insegnamento.