Il Servizio Civile è un tema identitario per le ACLI che ha attraversato la nostra storia di impegno volontario nelle comunità. È una storia fatta di scelte, molto difficili e che avevano conseguenze drammatiche nel secondo dopoguerra fino alla legge Marcora e con il lento passaggio al riconoscimento del Servizio Civile come vera leva formazione sociale.
Anche i ragazzi che oggi sono in SCU sono stati messi di fronte ad una scelta, di certo con risvolti meno drammatici di un tempo. Con l’emergenza COVID abbiamo chiesto ai nostri civilisti di proseguire la propria esperienza in attività legate a questo periodo straordinario ed i ragazzi, in piena libertà, ci hanno dato una risposta importante: l’80% dei ragazzi hanno dato la disponibilità a interrompere i progetti per i quali avevano partecipato al bando e si sono messi a disposizione con semplicità e impegno.
Per noi è stata una grande soddisfazione perché riuscire a tenere insieme le nostre attività associative e i volontari di SCU dimostra che gli sforzi che facciamo sui territori per curare questa esperienza sono ben investiti.
Questo ci dà l’opportunità di raccontare questo investimento che facciamo che è possibile grazie all’impegno volontario di tante persone in Italia e nel mondo, per le nostre sedi all’estero, ma anche da persone che con grande professionalità si dedicano ogni giorno al SCU.
Lo spiega bene l’ultimo rapporto CNESC (Conferenza Nazionale Enti Servizio Civile) che, prendendo in esame il bando 2017 riportava come a fronte uno stanziamento statale di 83 milioni di euro solo enti CNESC investano più di 90 milioni per tutte le dinamiche legate alla progettazione, selezione, formazione e monitoraggio dei progetti.
Considerato che si è riaperto un dibattito molto partecipato sul Servizio Civile Universale dobbiamo fare dei passi in avanti per rimettere al centro la cura dell’esperienza del volontario in SCU e, in questo senso, una riflessione sulla qualità di questo investimento è necessario..
Questa rimodulazione dei progetti legata all’emergenza COVID, ad esempio, ha dimostrato che con un sistema rigoroso di accreditamento e di responsabilità degli enti possiamo portare un risultato di utilità sociale con molte meno procedure che distraggono risorse dagli interventi sui territori.
Altra questione sono le risorse messe a disposizione da parte del Governo e si incrocia con l’idea che abbiamo del SCU.
Noi riteniamo che il vero obiettivo sia permettere a tutti i ragazzi che sentono il desiderio di poter svolgere questa esperienza promossa con una forte campagna di sensibilizzazione verso la scelta all’impegno per la propria comunità. Per questo motivo riteniamo ancora insufficienti i 20 milioni che si aggiungono al fondo servizio civile che non rispondono a questa esigenza e sosteniamo convintamente la campagna della Rappresentanza dei ragazzi civile su www.centoxcentoserviziocivile.it che propone il finanziamento di tutti progetti SCU proposti dagli enti per il bando 2021.
Terza e ultima: qual’è oggi il senso del SC? Noi riteniamo che il ventaglio di opportunità di impegno che offrono gli enti ai ragazzi sia molto vasto. Oggi l’animazione sociale che porta con sè la conoscenza della propria comunità e lo stimolo al protagonismo dei ragazzi sia il tema al quale possiamo costruire progettualità anche innovative contro la solitudine, vero male dei nostro tempi.
Le settimane di lockdown hanno fatto emergere un nuovo senso di appartenenza ad un comune orizzonte. Il senso di comunità si è tradotto in collaborazione tra vicini di casa o residenti nello stesso quartiere un favore delle fasce più deboli. La sfida delle e comunità locali sarà quella di rendere stabili tali forme di servizi collaborativi per ricreare fiducia contro la cultura del sospetto reciproco. In questo senso il servizio civile potrà avere un ruolo fondamentale per il futuro del nostro Paese.