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Marcia della pace e bombe in Yemen. Il realismo dell’utopia

(150326) -- SANAA, March 26, 2015 (Xinhua) -- People gather at the bombed site near an air force base to search for causualties in Sanaa, Yemen, on March 26, 2015. Saudi Arabia and fellow Gulf Cooperation Council (GCC) member states launched airstrikes early Thursday on Houthi positions in Yemen. (Xinhua/Hani Ali) (zjy)

“Bombe italiane, morti yemenite”

Così titolava, alcuni giorni fa, il New York Times, che ha pubblicato online un video reportage sulla vendita all’Arabia Saudita di armi prodotte in uno stabilimento della Sardegna dall’azienda RWM, di proprietà della tedesca Rheinmetall Defence. Bombe della serie MK8, identificabili dalle matricole A4447: il quotidiano americano ha trovato tracce di queste bombe in almeno 5 attacchi in Yemen,contro i combattenti Houthi sciiti. In un bombardamento, gli ordigni hanno colpito una casa disabitata ma in un altro caso è stata sterminata un’intera famiglia, madre, padre e quattro figli, sorpresa dal bombardamento nel sonno.

Singolare la replica della Farnesina che in una nota ha scritto: “L’Italia osserva in maniera scrupolosa il diritto nazionale ed internazionale in materia di esportazione di armamenti e si adegua sempre ed immediatamente a prescrizioni decise in ambito Onu o Ue. L’Arabia Saudita non è soggetta ad alcuna forma di embargo, sanzione o altra misura restrittiva internazionale o europea”. Come a dire che, in mancanza di un embargo internazionale, l’Italia può continuare a fornire bombe e altro materiale bellico alla coalizione militare guidata dall’Arabia Saudita che da oltre mille giorni sta bombardando, senza alcun mandato internazionale, lo Yemen causando più della metà degli oltre diecimila morti tra i civili e contribuendo alla catastrofe umanitaria che sta devastando il Paese. L’Italia volutamente dimentica che l’embargo all’Arabia Saudita è stato richiesto da due risoluzioni votate ad ampia maggioranza dal Parlamento Europeo e che diverse nazioni del vecchio continente, dopo tali risoluzioni, hanno smesso di vendere armi al regime wahabhita di Riyad.L’Italia ripudia la guerra.

 

Parola di Costituzione, parola di Vangelo

Sono i giorni in cui ricordiamo i settant’anni della nostra Costituzione entrata in vigore il primo gennaio del 1948. Quella Costituzione che all’articolo 11 – approvato con due soli voti  contrari – afferma: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni della sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni…”.

Sono i giorni conseguenti alla Marcia della Pace svoltasi a Sotto il Monte il 31 dicembre scorso e che ha visto la presenza di moltissime persone che volevano dare concretezza a quell’annuncio di pace rivolto “agli uomini di buona volontà”.    

 

I sentieri della pace

Cosa resta della pace oggi, dentro una scenario internazionale cambiato, in un mondo divenuto più complesso e senza “imperi” regolatori, pervaso da sistemi che, in nome del business, mentre parlano di pace stanno preparando la guerra?

L’utopia di un manipolo, sempre più esiguo, di benpensanti, di cattolici ingenui e nostalgici?  Non lo penso affatto. Viviamo in una fase nella storia dell’umanità in cui dobbiamo considerare la pace un obiettivo da perseguire con molta concretezza, potenziando il diritto internazionale nel tentativo di scongiurare le guerre e dall’altro eliminando le condizioni che creano conflitti, come la distribuzione ineguale delle risorse a livello planetario.

Chi come crede me al “realismo della pace” sa che essa non è solo uno slogan da gridare o da esibire una volta l’anno. Va sostanziata, con rigore e competenza, dentro i sentieri impervi dell’economia, della cultura e della politica. Non ci sono alternative. O meglio, l’alternativa è lo scenario che avevano ben presente i nostri Padri Costituenti, testimoni di un conflitto con decine di milioni di vittime innocenti. Non a caso, vollero usare il termine, pesantissimo, “ripudia”, perchè era per loro evidente una sorte di simbiosi tra fascismo e guerra.

 

Chi ama la pace ha il coraggio

Con lucidità lo ricordavano due straordinari profeti della pace del nostro tempo. Il primo è padre Ernesto Balducci che nel finale del suo “Uomo planetario” così faceva memoria dell’incontro di Assisi di Giovanni Paolo II nell’ottobre del 1986:

Il Papa ha chiamato sé e i rappresentanti delle grandi tradizioni religiose dell’umanità a confrontarsi con chi? Nemmeno con Dio. Ma con l’uomo minacciato di estinzione. Una conversione antropologica è in atto perché invece di misurarsi sull’asse verticale delle proprie certezze dogmatiche,le religioni si sono disposte sull’asse orizzontale del futuro dell’uomo.

L’altro profeta è don Tonino Bello di cui nei prossimi mesi ricorderemo i venticinque anni della morte, avvenuta il 20 aprile del 1993. Nell’intervista che ebbi il dono di fargli mi disse:

Chi ama la pace, ha il coraggio di tirare fino in fondo le conseguenze di certe verità. Non ha paura di dire come stanno le cose, anche quando le sue parole rovinano la digestione dei potenti. Non ammorbidisce la profezia con i trucchi diplomatici, pur di non recare dispiacere a qualcuno. Mette il dito sulla piaga dell’ingiustizia, senza spaventarsi delle ritorsioni. Non si tira indietro se deve dire che la logica delle crescenti spese militari cozza contro quella del Vangelo. Non avalla con i suoi complici silenzi lo sterminio per fame di popoli interi. Non si copre dietro gli scudi della prudenza per coprire la follia degli scudi stellari. Non teme il rischio dell’impopolarità se denuncia fino alla noia le tragiche aritmetiche della miseria, dei debiti del terzo mondo, della confusa dei diritti umani, della corsa assurda al riarmo atomico che sta preparando l’olocausto planetario. E fa tutto questo non per calcolo politico ma perchè sa che ogni uomo, di qualunque colore e appartenenza,porta con sè un frammento di Dio.

Daniele Rocchetti

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