Tutte le Acli si stringono attorno ai famigliari e agli amici di Geo Brenna, morto dopo una lunga malattia, e lo ricordano come dirigente appassionato, uomo di profonda fede e di ampia cultura che ha portato avanti il suo impegno sociale e politico con grande abnegazione, in anni controversi e difficili per la storia dell’associazione.
Di origine comasca, come il nostro fondatore Achille Grandi , come altre grandi figure del Movimento aclista quali Emilio Gabaglio e Camillo Monti, Brenna fu fra i giovani collaboratori che Livio Labor chiamò a sé quando assunse la responsabilità della formazione aclista, facendone uno dei principali dirigenti della Scuola di formazione nazionale, e poi uno dei referenti del gruppo di rinnovatori che si raccoglieva intorno alla rivista “MOC” .
Con l’ascesa di Labor alla Presidenza nazionale, Brenna entrò a far parte degli organi dirigenti, con una naturale collocazione nell’area degli Studi e della Formazione in un periodo di grande fermento intellettuale, religioso e sociale, negli anni del Concilio e del primo centrosinistra.
Come responsabile dell’Ufficio Studi, Brenna divenne il catalizzatore del rinnovamento del pensiero delle ACLI in quegli anni di grandi sommovimenti sociali ed ecclesiali, esprimendo la necessità che l’associazione assumesse un più marcato profilo politico a fronte delle ripetute delusioni che derivavano dal rapporto con la DC e da quello che pareva il fallimento delle promesse di riforme strutturali del centrosinistra. Ciò implicava per il movimento aclista il riconoscersi in una più marcata dimensione di classe, favorendo l’unità delle forze del lavoro, in primo luogo i sindacati, nella prospettiva del superamento delle forme della politica tradizionale che ricollocasse i cristiani impegnati nel mondo del lavoro accanto a persone provenienti da altri filoni culturali in un progetto di rifondazione della sinistra politica per l’allargamento delle basi della democrazia politica e sociale.
Divenuto Vicepresidente nazionale accanto al conterraneo Gabaglio, Brenna svolse un ruolo delicato nelle polemiche seguite al Congresso di Torino del 1969 , che sancì la fine del collateralismo delle ACLI verso la DC, e il convegno di Vallombrosa dell’anno successivo, quello della cosiddetta “ipotesi socialista”. Egli fece parte del gruppo ristretto che si confrontò con la commissione costituita dalla CEI per esaminare i nuovi orientamenti delle ACLI.
Purtroppo tale dialogo non andò a buon fine, e le ACLI ne subirono i contraccolpi dovendo ripensare le loro scelte di quegli anni: diversi militanti e dirigenti, fra cui Brenna e l’altra Vicepresidente nazionale Maria Fortunato, non accettarono quello che parve loro un cedimento ad istanze esterne, e si organizzarono in componente interna (“Scelta di classe- Sinistra ACLI”) dando vita ad un vivace confronto che segnò la dialettica politica del Movimento per un decennio. Non a caso egli fu fra i promotori dell’appello dei “Cattolici per il No” al referendum sul divorzio insieme ad altri dirigenti aclisti.
Più tardi Brenna lasciò l’impegno diretto nelle ACLI andando a lavorare alla UIL, dove ebbe importanti incarichi nel settore a lui congeniale della formazione: mai però venne meno la sua attenzione ed il suo interesse alle vicende del nostro Movimento cui aveva dedicato tanti anni del suo impegno e con il quale aveva mantenuto importanti legami affettivi