Proseguono le riflessioni e intorno allo smart report curato da Gianluca Budano e David Recchia, in occasione della 70esima Giornata Mondiale della Salute, una ricerca inedita di analisi sugli effetti della pandemia Covid-19 sulle politiche italiane della salute e di welfare.
Dopo l’intervista al Presidente nazionale Anffas, Roberto Speziale, il contributo del ricercatore Valentino Santoni, di Secondo Welfare, con un articolo sul welfare aziendale e l’articolo di Ubaldo Pagano, qui vi proponiamo un approfondimento di Vincenzo Frusciante, Primario Emerito di Medicina Nucleare di “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo.
Le epidemie passano, l’oncologia resta
In questi giorni di quarantena ho letto con grande piacere lo Smart Report “La Libertà in trappola” scritto da Gianluca Budano e David Recchia. È stata fatta una disamina rapida, ma a 360 gradi, delle fragilità emerse nel nostro Sistema Sanitario con l’emergenza COVID-19. Gli Autori sottolineano come il processo di riduzione delle risorse pubbliche destinate alla Sanità negli ultimi lustri rifletta, al di là delle responsabilità dei singoli Governi, un insieme di esigenze di finanza pubblica, di contingenze, di falsi convincimenti che hanno pervaso un intero arco della vita democratica della nostra Repubblica.
È invalsa la convinzione che migliorare significasse semplicemente razionalizzare, tagliare dove opportuno, mettere in concorrenza per la “produzione” attori diversi (es: il modello Lombardia). Per le Regioni in Piano di rientro si è tagliato anche dove non era opportuno, semplicemente perché “lo richiedeva il Piano” e per riacquistare con l’uscita dal Piano un’autonomia di programmazione dell’Ente Regione. Questo approccio ha portato a conseguenze a dir poco inconcludenti e controproducenti, abbassando fortemente la qualità di sistemi sanitari regionali, già provati da condizioni originarie deboli, con risorse e competenze modeste.
A questo punto della lotta al Coronavirus, all’avvio della cosiddetta fase 2, preme analizzare in particolare il problema dell’assistenza in Oncologia. Budano e Recchia hanno, sulla base dell’esperienza COVID-19, giustamente rimarcato le fragilità in ambito geriatrico, di malattie infettive e di rianimazione. Vorrei precisare che le fragilità, al di là dell’evento epidemico, sono molto più vaste, riguardano molte aree. A mio avviso, quella a maggior valenza sociale è l’oncologia in tutte le sue implicazioni: diagnostiche, terapeutiche, riabilitative, sociali, di interrelazione con la geriatria.
Le epidemie passano, l’oncologia resta. È giustissimo avere un sistema preparato alle emergenze, ma è anche necessario guardare agli aspetti socio-sanitari che costituiscono un elemento costante del panorama sanitario ed estremamente rilevante dal punto di vista economico, della sopravvivenza, della parità dei diritti, della qualità della vita etc.
Il paziente oncologico vive, sin dal momento della diagnosi, un intenso dramma personale in cui deve far fronte non solo alle difficoltà insite nel percorso terapeutico, ma anche a uno sconvolgimento psicologico che richiede un supporto qualificato e continuativo. Peraltro, le differenze tra Regioni nell’offerta di assistenza sono notevoli e spesso immediatamente evidenti allo stesso paziente che è costretto ad “emigrare” per soddisfare i suoi bisogni.
Dai dati presentati in una survey della F.A.V.O., (Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) realizzata in collaborazione col CENSIS e pubblicata l’8 Novembre 2011, emerge un aspetto sconvolgente: nel 2011 in vaste aree del Paese la percezione dell’efficacia delle prestazioni in Oncologia era assolutamente insoddisfacente. La quota di prestazioni extraregionali è differente nelle varie fasi del percorso oncologico, ma comunque sempre significativa.
I dati presentati nell’ultimo rapporto Gimbe mostrano l’enorme flusso di risorse in direzione Sud-Nord; esiste, inoltre, un’importante mobilità passiva tra le Regioni del Nord da imputare alle preferenze degli utenti (mobilità di prossimità). Certamente l’Oncologia è una delle aree principe in questo flusso di risorse Sud-Nord. Gli ultimi lustri hanno, infatti, segnato un pesante impoverimento globale del SS delle Regioni del Centro-Sud.
È tempo di cambiare strada per rafforzare il “pubblico”, per mettere in cantiere una seria programmazione centralizzata del SSN che colmi i divari, integri le competenze, metta un freno a una gestione spesso dettata solo da logiche localistiche. Il COVID 19 dovrebbe scuoterci e farci capire che il “giocattolo” SSN italiano, da sempre tra i migliori al mondo, va accudito, conservato nelle sue peculiarità migliori, rafforzato: una grande sfida per la classe dirigente di oggi e di domani; se la perderemo ci ritroveremo tutti più poveri, anche chi pensa di cavarsela coltivando il proprio “orticello regionale o sub-regionale”.
L’Oncologia, i reparti di Geriatria, come affermato dallo Smart Report delle Acli, saranno importantissimi nel futuro perché il paziente oncologico è, grazie agli avanzamenti terapeutici, sempre di più un paziente cronico e geriatrico. La fase due potrebbe essere un’ottima, forse l’ultima, occasione per avviare questo processo di rinvigorimento del SSN.