Le armi non sono mai la soluzione

Cari fratelli e sorelle,

in Ucraina scorrono fiumi di sangue e di lacrime. Non si tratta solo di un’operazione militare, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria. Le vittime sono sempre più numerose, così come le persone in fuga, specialmente mamme e bambini. In quel Paese martoriato cresce drammaticamente di ora in ora la necessità di assistenza umanitaria.

Rivolgo il mio accorato appello perché si assicurino davvero i corridoi umanitari, e sia garantito e facilitato l’accesso degli aiuti alle zone assediate, per offrire il vitale soccorso ai nostri fratelli e sorelle oppressi dalle bombe e dalla paura.

Ringrazio tutti coloro che stanno accogliendo i profughi. Soprattutto imploro che cessino gli attacchi armati e prevalga il negoziato – e prevalga pure il buon senso –. E si torni a rispettare il diritto internazionale!

E vorrei ringraziare anche le giornaliste e i giornalisti che per garantire l’informazione mettono a rischio la propria vita. Grazie, fratelli e sorelle, per questo vostro servizio! Un servizio che ci permette di essere vicini al dramma di quella popolazione e ci permette di valutare la crudeltà di una guerra. Grazie, fratelli e sorelle.

Preghiamo insieme per l’Ucraina: qui davanti abbiamo le sue bandiere. Preghiamo insieme, come fratelli, la Madonna Regina dell’Ucraina. Ave o Maria…

La Santa Sede è disposta a fare di tutto, a mettersi al servizio per questa pace. In questi giorni, sono andati in Ucraina due Cardinali, per servire il popolo, per aiutare. Il Cardinale Krajewski, Elemosiniere, per portare gli aiuti ai bisognosi, e il Cardinale Czerny, Prefetto ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Questa presenza dei due Cardinali lì è la presenza non solo del Papa, ma di tutto il popolo cristiano che vuole avvicinarsi e dire: “La guerra è una pazzia! Fermatevi, per favore! Guardate questa crudeltà!”.

Saluto tutti voi, romani e pellegrini venuti dall’Italia e da diversi Paesi. In particolare, saluto i fedeli di Concord – California, quelli di diverse città della Polonia e quelli di Cordoba e Sobradiel in Spagna. Saluto la comunità del Seminario Francese di Roma con i familiari; i fedeli di Vedano al Lambro; i ragazzi di Saronno, Cesano Maderno, Baggio e Valceresio, diocesi di Milano, e quelli di Papiano e Cerqueto, diocesi di Perugia. Saluto i Donatori Volontari della Polizia di Stato italiana, come pure i partecipanti al pellegrinaggio in ricordo della mia visita in Iraq, compiuta proprio un anno fa.

Oggi pomeriggio, insieme con i collaboratori della Curia Romana, inizieremo gli Esercizi spirituali. Portiamo nella nostra preghiera tutte le necessità della Chiesa e della famiglia umana. E anche voi, per favore, pregate per noi.

A tutti auguro una buona domenica e un fruttuoso cammino quaresimale! Buon pranzo e arrivederci.

 

Riportiamo le parole del Papa dopo l’Angelus di oggi non perché vogliamo nasconderci dietro di lui ma perché ci sembra che dica cose essenziali, tre su tutte.

La prima è che va ripristinato il diritto internazionale, cioè che cessi l’aggressione russa contro la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina.

La seconda è che la guerra, le armi, la violenza non sono mai la soluzione, che la soluzione si trova al tavolo dei negoziati, che poi è quello che chiedono le piazze di tutto il mondo, comprese quelle russe (in condizioni tanto più difficili delle nostre) per una pace giusta e duratura. In questo senso sarebbe un segnale molto forte se i rappresentanti degli Stati dell’Unione europea giustamente solidali con il Governo di Kyiv andassero in Ucraina a manifestare di persona la loro vicinanza alla popolazione sofferente.

La terza è che mentre continua la guerra, e probabilmente anche dopo, è necessario un grande lavoro di aiuto e di assistenza: la Chiesa cattolica nelle sue varie articolazioni è già in campo, ma sappiamo bene che vi è una solidarietà diffusa e trasversale per appartenenza politica e religiosa in cui l’Italia non è seconda a nessuno.

È proprio nel momento della prova che le persone  e i popoli debbono far vedere quanto sono realmente attaccati ai valori che professano.