Giovanni Paolo II, nel discorso rivolto «ai componenti delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, per i 50 anni di fondazione», il 1° maggio del 1995, dopo aver richiamato le tre fedeltà, ai lavoratori, alla democrazia e alla Chiesa, ripercorrendo la storia delle ACLI, sottolineò come esse avessero rifiutato «le opposte prospettive di un mercato senza regole, a danno dei più deboli, o di una giustizia senza libertà, sostenendo invece la necessità di coniugare insieme giustizia e libertà alla luce della centralità della persona e della famiglia, al servizio del bene comune».
Le ACLI non sono solo fedeli alla democrazia, ma hanno anche contribuito al suo nascere e al suo affermarsi nel nostro paese.
Molti dirigenti aclisti, il 2 giugno 1946, sono eletti all’Assemblea Costituente e Achille Grandi ne assume la vicepresidenza.
Il fondatore delle ACLI, firmando il Patto di Roma il 3 giugno del 1944 assieme a Giuseppe Di Vittorio e Emilio Canevari, dando vita alla Cgil unitaria [dt_tooltip title=”(1)”]La CIGL fu costituita con il Patto di Roma nel giugno del 1944, come continuazione della Confederazione Generale del Lavoro (CGdL) nata nel 1906 e sciolta durante il ventennio fascista. Con il Patto si costituì un unico organismo sindacale su tutto il territorio nazionale, rappresentante degli interessi di tutti i lavoratori senza distinzione di fede politica o religiosa.[/dt_tooltip] e ponendo fine al sindacato di regime, aveva ristabilito la libertà e la democrazia nella rappresentanza del lavoro, che diviene nella costituzione repubblicana il fondamento della nuova cittadinanza democratica, solidale e partecipata.
Dopo la rottura dell’unità sindacale e l’estromissione delle sinistre socialcomuniste dal governo, le ACLI, negli anni del centrismo [dt_tooltip title=”(2)”]Il centrismo nella storia d’Italia è stata la formula politica imperniata sulla Democrazia Cristiana che ispirò i governi della repubblica dal 1947 al 1958.[/dt_tooltip], svolgono un’intensa opera di formazione, culturale e religiosa, per l’interiorizzazione dei valori della democrazia, superando residue nostalgie autoritarie e tentazioni sovversive.
Negli anni centrali del miracolo economico [dt_tooltip title=”(3)”]Il miracolo economico italiano (anche detto boom economico) è un periodo della storia d’Italia, compreso tra gli anni Cinquanta e Sessanta del ‘900 caratterizzato da una forte crescita economica.[/dt_tooltip] le ACLI per quanto riguarda la fedeltà alla democrazia pensano e operano su tre terreni.
Sostengono con convinzione e coraggio l’apertura a sinistra, per formare una nuova maggioranza di centrosinistra [dt_tooltip title=”(4)”]Per centrosinistra si intende quella coalizione di governo a guida democristiana che negli anni Sessanta si allargò al Partito Socialista Italiano.[/dt_tooltip], al fine di allargare le basi del consenso al governo e alle istituzioni.
Richiedono la «rimozione degli ostacoli alla democratizzazione della vita aziendale», come afferma il presidente nazionale Ugo Piazzi nel convegno di studio del 1960 su “Il Movimento operaio nella società moderna”.
Appoggiano l’attuazione dell’Ordinamento regionale, previsto dalla Costituzione, che – come si chiarisce nei lavori dell’Incontro Nazionale di Studi del 1963 “Il movimento operaio cristiano di fronte alle regioni” – risponde alle tradizioni politiche del cattolicesimo italiano ed alle esigenze economico-sociali del Paese.
Nella stagione a cavallo degli anni Sessanta e Settanta, nel contesto della grande trasformazione dell’Italia in paese industriale e urbano, in cui si ha un protagonismo nuovo dei giovani studenti e dei giovani operai, gli aclisti sono osservatori attenti e partecipi dei grandi movimenti sociali del Sessantotto studentesco e del Sessantanove operaio.
La riflessione e l’elaborazione aclista concerne il binomio democrazia formale-democrazia sostanziale, peculiare della tradizione socialista, e quello paese reale-paese legale, caro, invece, alla visione del cristianesimo sociale. In entrambi i casi le istituzioni finiscono per essere percepite come ostili e diffidenti, se non proprio contrapposte, qualora non si affermi una piena partecipazione dal basso.
Esemplari sono al riguardo le riflessioni degli Incontri Nazionali di Studi di Vallombrosa del 1968, “Impresa, movimento operaio e piano”, e del 1970, “Movimento operaio, capitalismo, democrazia”.
Nel primo si rivendica l’autonomia della società civile nelle sue libere forme di organizzazione e di espressione.
Nel secondo, il riferimento alla democrazia è presente già nel titolo del convegno; la controversa e dibattuta ipotesi socialista è proposta, secondo le parole del presidente nazionale Emilio Gabaglio, nel contesto della «costruzione di una società di tipo nuovo, autenticamente dal volto umano, in cui sia bandita ogni discriminazione di classe, una società in cui valgano il pluralismo e il metodo della discussione».
A cura dell’Archivio storico delle Acli
[dt_vc_list style=”2″]
- Discorso di Giovanni Paolo II alle ACLI per i 50 anni di fondazione – Roma, 1°maggio 1995
- Dirigenti e soci delle ACLI eletti alla Costituente, in Il Giornale dei lavoratori n.25, 23-30 giugno 1946
- Relazione del Presidente Ugo Piazzi al IX Incontro Nazionale di Studi, La Mendola, 1-4/8/1960, in Azione Sociale n.32-33, 7-14 agosto 1960
- Relazione del Presidente Emilio Gabaglio al XVIII Incontro Nazionale di Studi, Vallombrosa, 27-30/8/1970, in Azione Sociale n.35-36, 30 agosto-6 settembre 1970
[/dt_vc_list][vc_media_grid element_width=”3″ gap=”2″ grid_id=”vc_gid:1571647011300-dde6d04a-fd55-10″ include=”42541,42542,42543,42544″]