Le tessere associative sono un documento di straordinario valore per ricostruire dall’alto e dal basso la storia dei partiti e delle associazioni.
Da una loro lettura, che prenda in considerazione i simboli riprodotti, i messaggi scritti, ma anche i numeri di serie e i dati anagrafici e professionali dei titolari, possiamo comprendere con immediatezza, ma in profondità, i mutamenti della società italiana, oltre che l’identità nel tempo di un partito, di un sindacato, di un’associazione.
Il percorso che proponiamo – quello di ricostruire la storia delle ACLI attraverso le tessere – parte proprio da questo assunto e si articolerà in più puntate.
La prima tessera ACLI del 1945 reca già la bandiera aclista con un’incudine molto grande alla base, una vanga, un libro e un fascio di spighe e la croce. Simboli d’indubbia capacità comunicativa che rinviano al lavoro e ai lavoratori dell’industria e dell’agricoltura.
Se la vanga rappresenta soprattutto i contadini padani – quelli del Meridione usano la zappa – il fascio di grano li rappresenta tutti, evoca il pane bianco e il sogno della fine delle privazioni alimentari. La croce è il simbolo per eccellenza dell’identità cristiana aclista.
Il libro, in grande evidenza, come per le bandiere del socialismo, rappresenta l’istruzione, la presa di coscienza, l’emancipazione dei lavoratori, ma nell’universo aclista è anche il Vangelo e ha, quindi, anche una forte e immediata valenza religiosa.
Anche il retro di questa tessera, del 1945, comunica preziose informazioni: Dradi Egisto è di Cesena, liberata dalle forze partigiane e dagli Alleati il 20 ottobre del 1944. Se ne deduce la rapida diffusione delle ACLI nelle regioni via via riconquistate alla democrazia. Il numero di serie, 83.534, fornisce l’idea delle dimensioni di questa diffusione.
Un’altra informazione contenuta in questa tessera ci fornisce un’immagine della società italiana di allora: Egisto, nato nel 1928, ha solo 17 anni ed è già falegname di professione, questo significa che ha incominciato molto presto a lavorare come apprendista per imparare il mestiere.
Le tessere della fine degli anni Quaranta e dei primi anni Cinquanta sono semplici, quasi essenziali e danno l’idea del radicamento delle ACLI, ormai organizzate anche per categorie professionali, in tutto il territorio nazionale, in tutte le pieghe del frastagliato tessuto sociale e produtivo della societa: dall’operaia di Ispra che lavora nel cotonificio di Besozzo – la manodopera del settore tessile è in Italia tradizionalmente per gran parte composta da donne – all’impiegato di Viterbo, al muratore di Parma.
A partire dalla metà degli anni ’50 le tessere si modernizzano, la grafica si evolve, l’estetica comincia ad essere più curata, i simboli delle ACLI diventano stilizzati sotto l’influenza del modernismo; questa evoluzione grafica va di pari passo con quella sociale ed economica dell’Italia.
Le tessere sono composte di fronte e retro e si arricchiscono di slogan diretti ai lavoratori, per diventare vessillo del proprio programma sociale.
Il primo slogan, sulla tessera del 1956, richiama alla triplice fedeltà delle ACLI, enunciata dal Presidente Nazionale Dino Penazzato l’anno precedente in occasione del Decennale aclista.
Nella tessera del 1959 colpisce il messaggio di fraternità, che non deve riguardare solo i rapporti interpersonali ma anche i rapporti sociali e politici.
Nella tessera del 1961, sessantesimo anniversario della pubblicazione della Rerum Novarum, “codice della nostra azione sociale”, il simbolo delle ACLI è sostituito da un disegno di grande efficacia comunicativa, nel quale la copertura del globo è costituita dalla cupola della Basilica di San Pietro, con evidente allusione al valore universale dell’enciclica di Leone XIII, ma anche alla nuova sensibilità aclista per le questioni internazionali.
Nella tessera del 1963 le ACLI si propongono nel breve testo scritto, ma anche nell’originale disegno, sempre dell’universo industriale, come punto di aggancio e d’appoggio per i lavoratori, “in ogni ambiente di vita”, al fine di offrire una rappresentanza non divisiva. Non manca neppure, con l’espressione “feconda alternativa democratica”, un accenno, che è anche un sincero auspicio, alla novità del primo governo di centro–sinistra organico, guidato da Aldo Moro.
A cura dell’Archivio Storico Acli Nazionali
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