Di Daniele Rocchetti, delegato nazionale alla Vita cristiana
La notizia ha fatto presto il giro del mondo suscitando molte discussioni: in Francia, la biblista Anne Soupa ha annunciato la sua candidatura alla sede arcivescovile di Lione, vacante da quando papa Francesco ha accettato le dimissioni del cardinal Barbarin il 6 marzo scorso.
Le reazioni sono state tantissime.
Non tanto a sostegno della sua nomina – improbabile perchè non si presentano candidature a funzioni ecclesiali legati alla missione e impossibile in base al fatto che essendo donna non è ordinata prete e dunque, per il diritto canonico non ha nessuna chance di diventare vescovo – quanto per la sua battaglia, che dura da una vita, per una Chiesa più femminile.
Tutto mi rende legittima. Ma tutto me lo vieta
“Alcuni diranno che è una follia. Ma ciò che è folle, è che sembri folle, mentre non lo è”, scrive nella sua lettera di candidatura. Nella lettera enumera le sue qualità – “Non sono né una sconosciuta né una apparatchik” ma attiva nella Chiesa “da trentacinque anni, sul campo, come biblista, teologa, giornalista, scrittrice”, – prima di riassumere: “Tutto mi autorizza a ritenermi in grado di presentare la mia candidatura al titolo di vescovo, tutto mi rende legittima. Ma tutto me lo vieta”. E su un giornale francese, Le Vie, spiega le sue vere intenzioni: “Vorrei che si portasse avanti il dibattito sulla questione della distinzione tra il ministero ordinato e il governo della Chiesa. Papa Francesco ha chiesto ai teologi di lavorare su questo punto, e io vedo che non è successo nulla. Considero la mia candidatura come un modo di porre il problema dell’articolazione tra sacramento, potere e sacerdozio”.
Un immaginario tutto al maschile
Nel dibattito vivacissimo in Francia ho trovato molto bella una lettera che alcune donne hanno scritto per La Croix, il quotidiano dei cattolici d’Oltralpe. Monique Baujard, Veronique Fayet, Marie Mullet-Abrassart e Veronique Prat – questi sono i nomi delle quattro donne – scrivono anzitutto che l’iniziativa di Anne Soupa sconvolge l’immaginario cattolico e questo, sostengono, è una buona cosa. Un immaginario modellato nei secoli da uomini. Con lucidità affermano: “Abbiamo bisogno, tutti insieme, di inventare la Chiesa di domani, una Chiesa capace di affrontare le domande esistenziali dei nostri contemporanei. Non è in discussione la pertinenza del Vangelo, ma il modo di annunciarlo, di condividerlo, in una società che comprende sempre meno il linguaggio e i simboli con i quali i cattolici esprimono e celebrano la loro fede. In un mondo che cambia rapidamente, la Chiesa ha bisogno di uscire dai percorsi battuti. Papa Francesco ci invita a farlo, sostenendo una Chiesa “in uscita”.
Ma noi siamo come prigionieri del nostro immaginario. Un immaginario modellato da uomini. La Scrittura, l’interpretazione degli eventi e della storia, la teologia, il governo delle istituzioni, la predicazione: tutto questo è stato appannaggio esclusivo degli uomini per secoli.”
La questione delle donne e quella dei laici
In queste condizioni, non è evidente che uomini di Chiesa decidano spontaneamente di condividere queste responsabilità con le donne. D’altronde, scrivono nella lettera, la condivisione delle responsabilità con le donne è solo uno degli aspetti del problema più globale del ruolo dei laici. Ciò che è in ballo, in fondo, è la transizione verso una Chiesa più sinodale e più collegiale, che non diventi però una struttura manageriale o politica.
“Essere vescovo non è una faccenda personale, Se il processo di designazione resta verticale, senza che il popolo a cui è diretto abbia alcuna iniziativa, che sia una donna non cambia le cose. È sempre una concezione clericale e non collegiale”, ha scritto su Twitter Isabelle de Gaulmyn, capo redattrice di La Croix. Le quattro autrici della lettera ricordano poi come siamo ancora prigionieri di una visione territoriale della Chiesa, presente soprattutto con le parrocchie. Ma dal loro osservatorio francese ricordano che “queste ultime riuniscono sempre meno persone, e i credenti che partecipano alla vita delle parrocchie non vi trovano sempre quel nutrimento spirituale che cercano. Entrare in contatto con i nostri contemporanei implica inventare altri luoghi di Chiesa, e molte iniziative, a volte modeste, stanno già nascendo.”
Nella Chiesa mancano i luoghi di dialogo
Un cambiamento di questo genere implica la necessità di riflettere rispetto ad altri possibili ministeri. Christoph Theoblad ha già suggerito ministeri della governance, della Parola e dell’ospitalità. Un’idea che permette di pensare alla distinzione possibile tra presbiterato e servizio di governo. E si possono immaginare anche ulteriori opzioni. Inventare la Chiesa di domani richiede di poter parlare di tale immaginario, del divario esistente con la realtà vissuta dai cattolici e di lavorare per la sua trasformazione. La “Lettera di papa Francesco al popolo di Dio” invitava con forza a farlo. Ma nella Chiesa – sottolineano con forza le quattro donne – mancano i luoghi di dialogo.
Se non ci sono luoghi per affrontare la questione del ruolo delle donne nella Chiesa, alcuni pensano che l’unica soluzione sia l’iniziativa spettacolare e la provocazione, come le autrici della lettera ritengono essere la proposta di Anne Soupa. Che scrivono: “A livello della Chiesa universale, i papi hanno scritto molte dichiarazioni sul “genio femminile” e sul ruolo delle donne nella Chiesa, ma non hanno mai istituito un vero dialogo con le donne.”
Per finire richiamano il percorso avviato in Germania dai Vescovi in stretta collaborazione con i laici: un Sinodo nazionale dove affrontare insieme temi sensibili: la morale sessuale, il ruolo delle donne, l’esercizio del potere e i mezzi per contrastare gli abusi, il celibato dei preti. Discussioni e votazioni sono regolate sulla base di un protocollo ben definito, e le discussioni permettono ai vescovi e ai laici, quindi anche alle donne, di ascoltarsi a vicenda e di prendere in considerazione gli argomenti degli uni e degli altri.
Provocazioni, parole e segni della Chiesa di domani. Potremmo – come sembra accadere da noi – ignorarli a lungo. Non per questo saranno rimosse o cancellate.