“Da quattro anni abbiamo posto la necessità di mettere mano alla fiscalità. Se non si provvede subito è a rischio la tenuta del non profit e il suo contributo alla coesione sociale”.
A lanciare il grido d’allarme è il Forum del Terzo Settore, nell’incontro che si è tenuto questa mattina a Roma nella Sala Capranichetta in piazza Montecitorio, il primo appuntamento di una serie di iniziative per chiedere con forza a governo e parlamento la rapida approvazione del nuovo dispositivo fiscale che manca per completare la riforma del Terzo settore, attesa ormai da 5 anni.
“La riforma avanza lentamente, alle nostre sollecitazioni non abbiamo avuto adeguate risposte, lanciamo un appello affinché la riforma del Terzo settore venga messa finalmente in cima all’agenda politica: non possiamo più aspettare” ha detto la portavoce del Forum Vanessa Pallucchi. “Stiamo parlando di 5milioni volontari, quasi 400mila realtà no profit e quasi 900mila dipendenti, non di una nicchia: se vogliamo che continuino a dare risposte durante le emergenze umanitarie e le crisi sociali, sanitarie rie ed economiche come hanno dimostrato durante la pandemia e ora per la guerra in Ucraina, è necessario che la riforma venga portata a termine”.
La revisione è ancora incompleta: è stato istituito il registro unico del Terzo settore, ma non il dispositivo fiscale, di conseguenza molti enti sono indecisi se iscriversi non conoscendo il regime fiscale a cui saranno sottoposti in base alle proprie attività.
Sulle associazioni, anche quelle che non svolgono attività commerciale, pesa poi anche la spada di Damocle dell’introduzione dell’Iva, solo sospesa per due anni.
“Siamo a un passo dal completamento della riforma ma non si riesce ad arrivare in fondo: è necessaria una norma giusta ma anche efficace e applicabile, serve una semplificazione delle norma ed è necessario dare stabilità agli enti” ha aggiunto Marina Montaldi, componente del tavolo tecnico legislativo del Forum.
“Centinaia di enti” ha messo in guardia Roberto Speziale coordinatore della consulta welfare del Forum “stanno valutando di non entrare nel Terzo settore perché le norme sono troppo complesse: è un rischio che dobbiamo scongiurare. Al contrario dobbiamo dare al Terzo settore italiano la dignità, il riconoscimento e il supporto normativo che si merita e che gli consenta di continuare a svolgere bene la sua funzione”.
Il Vicepresidente nazionale delle Acli, Stefano Tassinari, ha aggiunto: “La riforma doveva semplificare, non essere interpretata per cancellarne delle tipologie, se ciò avviene si è fuori dalla delega data dal Parlamento. E poi 2/3 del non profit sono enti sotto i 30.000 euro di entrate e 1/3 sotto i 5.000. Questo tessuto sociale innerva la collettività, oltre a ridurne i costi. Non crediamo si voglia un Terzo settore in cui arrivino a farla da padroni pochi big, mutuando quanto si è lasciato fare ad Amazon e simili, e alle banche troppo grandi per fallire, nell’economia globale. Non sarebbe il modo di rilanciare la democrazia sostanzialmente dettata dalla nostra Costituzione, specie in tempi in cui in essa possiamo trovare l’antidoto alla brutale assurdità di tutte le guerre e far tacere le armi.” Qui il link per leggere il testo completo dell’intervento su Avvenire
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