«La visita del Santo Padre Francesco sull’isola greca di Lesbo si è composta di una serie di gesti di fraternità con cui la politica e l’opinione pubblica internazionale non potranno fare a meno di confrontarsi», afferma Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli.
«La visita al campo di rifugiati, – prosegue Bottalico – la memoria nel porto di Mitilene, come a Lampedusa, dei migranti periti nel Mediterraneo, il pranzo in un container, la preghiera ecumenica, l’accoglienza di dodici profughi rappresentano i grani di una corona di fraternità che il Papa ha voluto scorrere con l’esempio, nel linguaggio della misericordia.
Francesco ha chiesto al Signore di “destarci dal sonno dell’indifferenza” per prenderci cura dei migranti e per “promuovere un mondo dove nessuno sia costretto a lasciare la propria casa”. Nella Dichiarazione comune che segna un nuovo passo nel cammino ecumenico, – sottolinea il presidente delle Acli – insieme al Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e all’arcivescovo di Atene, Ieronimos, papa Francesco ha ricordato la gravità della crisi umanitaria e da dove questa si è generata: “dalla diffusione della violenza e del conflitto armato, della persecuzione e del dislocamento di minoranze religiose ed etniche, e dallo sradicamento di famiglie dalle proprie case”.
Una posizione che risulta ancora più chiara nel gesto che il Papa ha compiuto al termine della sua visita, accogliendo tre famiglie musulmane di profughi siriani le cui case sono state bombardate.
Parole e gesti molto impegnativi, che mettono in evidenza la doppiezza di quelle entità che hanno deliberatamente innescato, con il pretesto dei diritti umani, la disintegrazione della Siria, che era un modello di pacifica coesistenza tra culture e fedi differenti, e che oggi devono essere chiamate in causa ad assumersi delle responsabilità sulla colossale crisi umanitaria e sulla violazione diffusa dei diritti e delle libertà fondamentali, che hanno provocato.
Perché – conclude il presidente Acli Bottalico – quella indicata dal Pontefice è l’unica strada percorribile: costruire ponti, concedere un’accoglienza umana e dignitosa ai migranti, ai profughi e a chi cerca asilo in Europa, stroncare il traffico di esseri umani, prodigarsi per fermare le guerre in corso e assumere impegni concreti per la ricostruzione ed il reinsediamento di quanti intendano tornare alle loro case».