Roberto Rossini, presidente nazionale delle Acli, affronta sull’Huffington post il tema della memoria. Le leggi contro l’apologia di fascismo vanno applicate, ma serve anche una grande operazione culturale per evitare che si perda la memoria di quello che è successo in Europa a cavallo delle due guerre mondiali.
La decisione del Senato polacco di approvare una legge con cui si può condannare fino a tre anni di prigione chi attribuisce allo Stato polacco una qualche corresponsabilità per l’Olocausto o neghi i crimini compiuti durante la guerra contro i polacchi da parte dei nazionalisti ucraini, sorprende fino a un certo punto.
Da tempo nella nostra Europa e in Italia un “certo vento” è tornato a soffiare, anche a causa della continua delegittimazione della politica, dei sospetti su sindacati, associazioni e Ong, dell’indebolimento delle istituzioni, dell’uso di parole razziste, della costruzione di muri più o meno materiali. Sono tutti elementi che minacciano la democrazia e fanno rinascere certi ricordi.
Per questo un gruppo di associazioni e sindacati ha sottoscritto l’appello Mai più fascismi, collegato a una raccolta firme. Perché, come si legge nel testo dell\’appello, anche nel nostro Paese si stanno moltiplicando organizzazioni neofasciste o neonaziste, nella realtà sociale e sul web.
Due sono gli interventi possibili. Il primo è giuridico, con una particolare attenzione a contrastare certe organizzazioni: la norma giuridica, dalla XII disposizione della Costituzione alle leggi Scelba e Mancino, va applicata.
C’è poi una seconda via, quella educativa e formativa che integra la prima strada. David Bidussa, in modo molto fine, scrive che ricordare e non ricordare sono operazioni meccaniche, fatti quasi non voluti; mentre avere memoria (e dimenticare) sono operazioni intenzionali, che chiamano in causa una visione delle cose, una ricostruzione della storia e una immaginazione di futuro.
Ci si può ricordare o non ricordare un compleanno: ma certamente si ha memoria di una persona, di una vita, di una relazione e ci si immagina anche il suo svolgimento. La differenza è sostanziale: come tra la retorica e la politica.
Dunque non si tratta di ricordare – per esempio – le leggi razziali in Italia. Semmai occorre avere memoria di un contesto che ha generato un atto violentemente contrario al bene della persona, rileggere il contesto odierno e proporre politiche efficaci per ampliare e consolidare lo spazio democratico.
La differenza c’è. Dobbiamo tenerla a mente, se vogliamo un\’Italia sempre attenta alla cultura dei diritti umani, una Repubblica che rigenera la cultura della libertà inclusiva, della libertà che accoglie.