La ricostruzione del quadro politico in Siria, dopo la guerra civile che ha visto combattere sullo stesso fronte contro il Daesh chi oggi si fronteggia, è una sfida che va oltre i confini dello stato medio-orientali. In un paese dove sono presenti 22 etnie, la pace non costa solo la fatica della diplomazia ma anche un equilibrio tra le potenze mondiale in una zona del mondo dove si incrociano pericolosamente fortissimi interessi economici. Chi paga il conto sono le popolazioni siriane, che subiscono ogni tipo di violenza. L’ormai accertato uso delle armi chimiche è solo l’ultima vergogna di questa guerra caricata sulle spalle di un paese in agonia: sono migliaia, le ultime a Khan Shaykun, le vittime del gas sarin, delle barrel bomb che danno una morte agonizzante, senza alcuna pietà per la vita delle persone. L’indignazione della comunità internazionale non basta più: se l’UE ha ufficialmente dichiarato di avere le prove dell’uso delle armi chimiche, è lontana dall’essere un vero player: l’assenza di una politica estera e della sicurezza europea scopre tutte i suoi limiti e rimanda alle azioni dei singoli stati nel Consiglio di sicurezza ONU tutte le scelte per il mantenimento della pace.
In questo quadro il nostro paese si ritrova sempre più ai margini del dibattito.
Questa sarebbe la prima sfida per un governo che, purtroppo, non c’è.
Aderiamo all’appello della Rete della Pace e dedicheremo alla Guerra in Siria un momento di preghiera di tutte le ACLI venerdì 4 maggio per ricordare che vita e pace sono i doni più importanti che dobbiamo custodire.
Cessate il fuoco !
Fermiamo le guerre in Medio Oriente
Da troppo tempo si muore in Siria, in Palestina, in Libia, in Egitto, in Iraq, nello Yemen, nella regione a maggioranza curda … il Medio Oriente ed il Mediterraneo si stanno trasformando in un immenso campo di battaglia. Ora il rischio della deflagrazione di un conflitto che coinvolga le super potenze mondiali è reale. Le conseguenze possono essere tragiche ed inimmaginabili.
Milioni di persone, in tutto il mondo, di tutte le culture e religioni, stanno dicendo: “Basta guerre, basta morti, basta sofferenze”. E noi con loro.
Guerre producono guerre, le cui vittime sono le popolazioni civili, oppresse e private dei propri diritti fondamentali, primo fra tutti il diritto alla vita.
Vanno fermate le armi, bloccate le vendite a chi è in guerra. Ora, subito. Va fatto rispettare il diritto internazionale: è la sola condizione per proteggere la popolazione civile, fermare l’oppressione e l’occupazione, attivare la mediazione tra le parti in conflitto.
Non si può più attendere e rinviare decisioni e responsabilità. Il limite è superato da tempo. Ora, subito, bisogna aiutare le vittime, curare i feriti, soccorrere chi fugge dall’orrore. Poi bisognerà punire i responsabili, riconoscere alle popolazioni i loro diritti e sostenerle nel percorso democratico, civile, di liberazione.
Noi ci rivolgiamo all’Unione Europea che deve prendere un’azione politica forte di pacificazione coerente con principi e valori fissati nel Trattato, nella Carta Europea dei Diritti Umani, negli Accordi e nelle Convenzioni internazionali. L’Unione Europea faccia da mediazione e riporti al dialogo gli Stati Uniti e la Russia.
Chiediamo al nostro paese di essere protagonista di pace, di mettere in atto il “ripudio della guerra” non concedendo le basi per operazioni militari e di avviare una politica di pace nel Mediterraneo.
Nessuno deve sentirsi impotente. Questo è il momento per tutti di agire per la riconciliazione.
Noi faremo la nostra parte, con le campagne per il disarmo, con gli interventi civili di pace, con la diplomazia dal basso, con il sostegno a chi opera per la pace anche dentro ai conflitti, per dare voce a chi crede ancora nella fratellanza e nella nonviolenza.
Ora, subito.