A cura di Daniele Rocchetti, delegato nazionale alla Vita Cristiana
Chi era Emma
Nei giorni scorsi a quasi novant’anni è morta Emma Manzoni Arnoldi. Ai più forse questo nome dirà poco eppure per quanti hanno avuto il dono di conoscerla, Emma ha rappresentato la figura di una donna di valore, un’aclista appassionata, una credente aperta al mondo. Rimasta presto vedova con due figli piccoli, si è rimessa a lavorare custodendo comunque le sue passioni di sempre: l’impegno nelle ACLI, la sua “seconda” casa, quello civico, nel paese di Pedrengo dove era andata ad abitare con il marito, l’attenzione agli ultimi e a coloro che fanno più fatica.
Una donna che ha cercato di fare propria, con la sua testimonianza, la lezione di Mounier: l’avvenimento sarà il tuo maestro interiore, i fatti della vita quotidiana e le persone in carne e ossa la bussola per ritrovare la direzione di Dio fatto carne.
Conservo di lei molte parole buone, il sorriso aperto e la forza mite dei suoi interventi a favore dei diritti delle donne e dei giovani, il gusto della curiosità e l’importanza della formazione, l’invito ad una fede che abbia sempre la cura della città e del mondo. Una donna impegnata fino alla fine(quanto ha fatto per le Missioni e per l’Associazione delle vedove!), dallo sguardo lucido, sempre avanti, segnato da un ottimismo che non nascondeva le pieghe della vita e della storia ma trovava fondamento nella frequentazione quotidiana della Parola.
Un ambulatorio di Borgo Palazzo
Il giorno dopo, la notizia della morte di Emma incontro due persone e mi raccontano una storia straordinaria. Un ambulatorio nel cuore della nostra città, in Borgo Palazzo, che da venticinque anni offre assistenza medica di primo livello alle persone non iscritte o non iscrivibili al Servizio Sanitario Nazionale. Medici, un’ostetrica, uno psicologo e una ventina di persone impegnate nell’accoglienza e nella segreteria. Donne e uomini – tutti volontari – che reputano la salute un diritto primario per tutti. A prescindere dal colore della pelle o dal documento che si ha, o non si ha, in tasca.
In questi anni, hanno effettuato più di quarantamila visite su persone provenienti da più di 100 paesi diversi. Ciascuno di loro con un nome, un volto, una storia. Mi raccontano che cresce il numero di italiani in difficoltà che si rivolgono al loro ambulatorio. Che loro vedono un po’ come un porto: le persone arrivano, cercano aiuto e, quando stanno meglio, proseguono il loro percorso. Loro, semplicemente, fanno questo: offrono una chance a chi, con la salute, potrebbe perdere anche la speranza. E, in ogni caso, loro il loro “porto” non lo chiudono!
Due esempi tra i molti
Emma e gli amici dell’Ambulatorio Oikos sono due esempi, tra i molti, dei tessitori di bene di cui la nostra terra bergamasca è ricca. A dispetto di quanti ripetono parole sguaiate o gridano slogan rozzi e violenti, dentro le nostre comunità operano, silenziosamente, donne e uomini che filano, con tenacia, trame sottili ma sempre resistenti di vita buona, di pratiche di umanità.
Li ha ben descritti Federica Fenili nell’introduzione alla Solidaria 2019, l’agenda della solidarietà bergamasca: “Prediligono i fili colorati, convinti che la diversità è ricchezza, che la bellezza è cura. Artisti visionari, conoscono l’arte del dettaglio, dipingono scenari anche con scarsi strumenti a disposizione, danno forma a ciò che ancora non si vede. Appassionati educatori a cui “sta a cuore tutto”, esercitano la pratica della continua traduzione, e ritraduzione, perché tutti siano in grado di capire, perché non ci siano esclusi e nessuno resti indietro.
Un po’ profeti
Costruiscono castelli con “legni spezzati e barattoli rotti” regalando il blu delle notti stellate alle stanze più grigie. Attaccati alla vita, coi piedi per terra (e tra le nuvole), sono curiosi e sempre in ricerca. Conoscono la pazienza dei contadini, e la parabola del chicco di grano che produce molto frutto. Dai contadini hanno appreso l’arte di scrutare il cielo, per poter “riorganizzare la speranza” quando i tempi si fanno incerti e bui. Per questo motivo sono anche un po’ profeti: fanno luce su pensieri confusi, indicano la direzione quando la nebbia è fitta.”
Emma e i volontari dell’ambulatorio Oikos sono germogli di vita buona che mostrano ai nostri occhi appesantiti che il sole non cessa di levarsi, che la bellezza resiste e che è più grande di ogni abbruttimento.
“Chi se non io, e se non ora quando?”, è la domanda che ciascuno deve porre a se stesso. Nessuno, se ha a cuore la propria umanità, può oggi sottrarsi. È il tempo nel quale fare la propria parte. Martin Luther King amava ripetere di “non avere paura della cattiveria dei malvagi ma del silenzio degli onesti”.
Non dimentichiamolo, anche in tempi come questi.