Tre giorni con al centro il tema dell’immigrazione. Si è chiuso oggi il seminario “Una nuova politica della migrazione nell’Unione europea”, organizzato dalle Acli all’interno delle attività di Eza, una rete europea di sindacati e associazioni di lavoratori.
Resistere e creare: sono state queste le linee d’intervento indicate da Roberto Rossini, presidente nazionale delle Acli, nel suo intervento che ha chiuso i lavori. Resistere perché solo così si riesce ad arrivare all’obiettivo di un’integrazione che rispetti la dignità dell’essere umano. Ma resistere, nello specifico, significa anche continuare a informare senza pregiudizi, a combattere i luoghi comuni. Spazi virtuali dove, però, la post verità trova terreno fertile. Farlo, ha continuato Rossini, creando buone prassi e nuovi luoghi – non necessariamente virtuali – dove poter sperimentare e diffondere queste nuove esperienze.
Perché le migrazioni, come aveva sottolineato Emma Bonino nel corso della mattinata durante il suo intervento “non sono un’emergenza, ma vanno considerate una realtà con le quali fare i conti anche nei prossimi anni”.
Con lo stesso obiettivo, ha confermato qualche minuto dopo l’europarlamentare del Pd Cecile Kyenge, si è mosso il Parlamento europeo: trovare una politica comune a un fenomeno che non è un’emergenza ma che necessita di una strategia globale a medio, corto e lungo termine. “Quella cui noi assistiamo – ha sottolineato l’ex ministra dell’integrazione – è una crisi di solidarietà”.
Poco prima, Emma Bonino aveva esortato la platea, ricordando una frase di Marco Pannella: “È arrivato il momento di reagire ed essere impopolari per evitare di diventare impopolari”. L’esponente radicale ha fornito anche un’originale chiave di lettura del fenomeno migratorio. “Raramente – ha raccontato – in politica gli interessi nazionali coincidono con i valori. L’immigrazione invece consente questa unione virtuosa, che però non avviene. Un paradosso per l’Unione europea che si è costituita sui valori dell’integrazione e dell’accoglienza”. Su questo tema, denuncia ancora la Bonino, l’Europa rischia di spaccarsi, perché il tema dell’immigrazione è molto più pericoloso della crisi finanziaria.
Nel mondo sono 60 milioni i rifugiati, mentre 250 milioni sono le persone che vivono in un paese diverso da quello nel quale sono nati. In Europa ci sono solo 2,5 milioni di rifugiati. Numeri risibili, quelli del Vecchio Continente, che però hanno scatenato una sorta di psicosi. Guardando al nostro Paese, invece, i numeri fanno ancora più pensare: tra il 2014 e il 2015 sono 180mila le persone arrivate in Italia, soprattutto dal mar Mediterraneo, a fronte dei 160mila connazionali che hanno abbandonato l’Italia per motivi vari, tra i quali – non ultimo – la ricerca di un lavoro migliore.
“L’Italia ha la capacità di gestire 180mila immigrati – ha denunciato Marco Cilento, consigliere migrazione della Confederazione europea dei sindacati (Ces) – il problema è che è stata creata una paura strumentale”.
Eppure, riprende Emma Bonino, di modelli virtuosi ce ne sono: “Ho studiato a fondo l’esperienza della Germania e devo dire che non mi dispiace, nonostante le sue rigidità. C’è poi il grande lavoro che stanno facendo in Canada. Ma è un modello legato alla struttura fisica e sociale del Paese nord-americano e quindi non replicabile da noi”. La risposta, l’unica possibile, è una seria politica d’integrazione, dove si fa la lotta all’irregolarità e non agli irregolari.
Per questo, “stiamo studiando una proposta di legge di iniziativa popolare che ponga l’integrazione nel mondo del lavoro al centro della proposta”. Una progetto al quale le Acli hanno dichiarato di voler dare il proprio appoggio.