di Cecilia Cremonesi
Pensando con semplicità alla nostra vita, ci accorgiamo che spesso le persone che hanno lasciato un segno sono quelle che ci hanno amato gratuitamente, spendendo tempo per il nostro bene, per donarci opportunità di crescita, ascoltarci, proteggerci, consigliarci, indirizzarci, accompagnarci, senza la pretesa di essere ringraziate e di vedere i risultati. O ancora, le persone in cui abbiamo osservato ed ammirato la mancanza di misura, il saper andare oltre il calcolo: sul lavoro, nel volontariato, nella famiglia, questa umanità semplice e al tempo stesso straordinaria ci ha mostrato la bellezza del fare per il gusto di fare, ci ha fatti interrogare sulla sorgente di tanta passione e di tanta energia, ci ha condotti a Dio. Per loro proviamo gratitudine: non solo ci sono rimaste nel cuore, ci hanno anche contagiato, generando in noi il desiderio di fare altrettanto. La gratuità è generativa e si diffonde per contagio: non s’impara con la teoria, ingolosisce grazie all’incontro e alla testimonianza.
Educare alla gratuità è allenare lo sguardo a riconoscere questi testimoni del volto del Dio amore, dai quali è possibile imparare l’umanità piena: con la loro silenziosa e feconda presenza diffondono uno stile di santità quotidiana che accompagna nell’apprendimento alla gratuità. I ragazzi e i giovani da loro possono imparare l’adulto che desiderano diventare, prendere spunto per costruire la loro identità, indagare la sorgente alla quale si alimentano e così desiderare di fare propri i loro passi.
Dalla testimonianza può nascere il desiderio di fare esperienza di gratuità: nell’incontro col volto di chi è bisognoso di cure, di attenzione, di supporto, si sperimenta che fare il bene fa bene. Chi si mette in gioco nel servizio, spesso constata: «Ho ricevuto più di ciò che ho dato». Si tratta di un’esperienza particolarmente forte per i giovani: toccare con mano che ciò che si dona ritorna moltiplicato sul volto dell’altro, che c’è più gioia nel dare che nel ricevere, costituisce un volano di fiducia, una spinta a camminare sulla strada della carità, al proiettarsi verso l’altro. Aiuta a comprendere che la felicità non ha nulla di solitario, richiede sempre un Tu.
Il vangelo di questa domenica ci invita a volare alto, a uscire dalla logica del tornaconto per abbracciare quella dell’amore senza misura: è così che possiamo, nel nostro piccolo, contribuire alla
costruzione del Regno.