In un anno drammatico e destinato ad entrare nella storia a causa della pandemia, nei Balcani, lungo il percorso della Sava e della Drina, e nella terra di Grecia, migliaia di persone provenienti dal Medio Oriente e dai paesi dell’ Asia centrale, in un lungo pericoloso viaggio, in balia di trafficanti di uomini, tentano di arrivare nell’Unione Europea, per trovare lavoro aiuto libertà e la speranza di una vita migliore.
Bloccati da anni in indegni campi profughi ,vivono una vita ai margini picchiati dalle polizie di frontiere se tentano i confini, alcuni muoiono affogando nei fiumi, altri soffocati negl’antri dei camion o feriti da mine rimaste sui campi di una guerra lontana. Una morte iniqua.
Abbiamo incontrato queste persone queste famiglie in Bosnia e in Serbia e cercato di ridargli un ristoro, uno spazio di dignità, di socialità e umanità.
Difficile ai tempi del Covid , trovare tempo mezzi e risorse per esprimere e concretizzare una solidarietà internazionale. Ma era nostro dovere e continueremo a farlo.
Ai margini dei confini orientali d’Europa, si è creato ormai un piccolo universo semicarcerario di campi e centri di accoglienza che si affacciano su reticolati e fili spinati costruiti nel illusorio tentativo di fermare popoli dolenti in fuga.
Guardo i loro volti e penso chi sono? Da dove vengono? Dove hanno vissuto? Che ne sarà di loro?
“Siamo gli uomini vuoti” ha scritto il poeta Thomas Eliot “Non ci sono occhi qui. In questa valle deserta, in questo ultimo dei luoghi di incontro. Noi brancoliamo insieme…“
Ci sarebbe bisogno di politiche lungimiranti e coraggiose per affrontare fenomeni epocali destinati a durare e ripetersi nel tempo.
Ma non ci è dato chiudere gli occhi solo perché gli Stati hanno chiuso i loro.
Segnati, rabbiosi, smarriti, i loro volti ci interrogano e non possiamo che ascoltare e tendere una mano
Grazie a chi sostiene il nostro impegno, alla rete Caritas, all’Ambasciatore Nicola Minasi, a Silvia, ai giovani volontari, a tutti voi.
Mauro Montalbetti
Presidente IPSIA Acli