A cura di Daniele Rocchetti, delegato nazionale alla Vita Cristiana
Sono stato recentemente invitato a discutere del libro-intervista a Julian Carron da parte di Andrea Tornielli, vaticanista de La Stampa, autore, tra altri testi, del best seller scritto con papa Francesco Il nome di Dio è misericordia. Il libro, da leggere, mi ha riconciliato con la figura di Carron, prete spagnolo che da dodici anni guida il movimento di Comunione e Liberazione. Anni fa – era il 2011 – fui molto infastidito da una rivelazione del primo Vatileaks a proposito di una lettera che Carron scrisse al Nunzio allora in Italia, mons. Bertello, nella quale erano presenti giudizi negativi – che non condividevo assolutamente – sul lavoro pastorale del cardinal Martini e del cardinal Tettamanzi. Ma il cuore del libro, che pure non tace sulla questione, è riassunto dal titolo – Dov’è Dio. La fede cristiana al tempo della grande incertezza – ed è una sfida per quanti di noi cercano di essere credenti.
Realismo e speranza
Carron nella sua analisi mette insieme due elementi costitutivi della vicenda cristiana, elementi che, a prima vista, possono apparire contradditori ma che non lo sono: realismo e speranza. Se non c’è realismo la speranza è un’illusione, se non c’è speranza il realismo sfocia nel cinismo. La prima sfida per un cristiano è guardare la realtà per quella che è per davvero, senza sconti o illusioni. Qui l’analisi di Carron è lucida: società secolarizzata, liquida, neanche più capace di porsi le domande, restringimento della ragione alla dimensione tecnica, scollamento tra il Vangelo e le forme culturali e istituzionali. Eppure, dice il prete spagnolo, questo tempo è stagione feconda, è una grande chance per chi vive la fede cristiana perché il reale provoca la ragione, provoca la liberà e impedisce la deriva ideologica di chi ama più la sua idea, anche di fede, della storia nella quale vive. Perché – e qui entra in gioco la speranza – non siamo lasciati soli in questo mondo, la realtà è sotto il segno della Grazia, non dell’abbandono. Dio è qui, oggi. Il Signore è dentro questa storia. La nostra è quindi una stagione storica di creatività: siamo chiamati ad esplorare una nuova sintesi tra la fede e la vita ed una nuova relazione tra la Chiesa e il mondo.
Cambiare sguardo
La condizione necessaria però è che i cristiani cambino lo sguardo. Anzi si facciano guardare, riconoscano che all’origine di ciò che sono vi sta un avvenimento che non è accaduto per merito ma per grazia, non per capacità ma per regalo. La Chiesa non è la società dei “perfetti” ma dei salvati. “Fu guardato e allora vide”, dice splendidamente sant’Agostino a proposito di Zaccheo. Solo chi non confonde la salvezza con il proprio impegno, il Vangelo con le norme, riesce a raccontare, anche in questo tempo, la buona notizia che il Signore è nella storia. E lo fa mostrando la pertinenza antropologica di ciò in cui crede. Perché come scriveva Simone Weil “non è dal modo in cui l’uomo parla di Dio ma dal modo in cui parla delle cose terresti che si può meglio discernere se la sua anima ha soggiornato nel fuoco dell’amore di Dio”.
La sfida dunque è nelle mani dei credenti. Per Carron servono donne e uomini non risentiti rispetto al tempo presente e non nostalgici del tempo passato ne, tantomeno, preoccupati di ristabilire un’egemonia culturale e politica che non ci sarà più. Lo vediamo in questi mesi: tra il rosario di Papa Francesco e quello di Salvini gli italiani, e tra questi moltissimi che affollano le eucarestie domenicali, hanno scelto in gran numero il secondo. Donne e uomini che colgono la preziosità del presente cercano i pertugi dove custodire e far crescere l’umano, che mostrino nella realtà della loro vicenda umana che i valori diventano di nuovo carnali, concreti, storici, che siano testimoni credibili con la vita della nuda bellezza del Vangelo perché “il portiere della storia non ascolterà i vostri argomenti, guarderà i vostri volti” (Mounier).
Lontano da certo integrismo ciellino
Un testo coraggioso, dunque. Che prende le distanze da esponenti ciellini storici che in questo tempo si stanno distinguendo per la rozzezza degli attacchi a papa Francesco, un testo che fa discutere ma che è lontano dall’immagine integrista che il movimento di CL spesso, più o meno consapevolmente, ha offerto di sé. Un testo che invita a non aver paura del tempo presente che può essere, come spesso è accaduto nel corso della storia, l’occasione propizia per annunciare il Vangelo in modo nuovo. Un testo, infine, che invita i cristiani a tornare all’essenziale della fede per stare da credenti – laicamente e in compagnia cordiale con gli uomini del proprio tempo – dentro i crocicchi della storia. Mostrando con la loro vita la bellezza di una verità che si fa carne.