Riflessioni a margine della 52 Giornata mondiale della pace
A cura di don Antonio Agnelli, accompagnatore spirituale Acli Cremona
Mentre scorrono liete le nostre ore nelle feste natalizie tra canti, panettoni, presepi, divertimenti vari, il mondo sta percorrendo una strada pericolosa e non sentiamo voci autorevoli che ci richiamano al gravità e serietà del momento, se non quella del Papa e l’eco di quella del nostro profeta don Primo Mazzolari che impallidirebbe di fronte alla situazione che noi stiamo vivendo.
Il 26 dicembre, in prossimità del Natale ortodosso che sarà quest’anno il 7 gennaio 2019, il presidente russo Vladimir Putin è apparso “presenziando personalmente al test, coronato da successo, della nuova arma nucleare a «planata ipersonica» Vangard dalla sala di controllo del ministero della difesa.
Lo ha reso noto il Cremlino. Il Vangard, lanciato con un missile vettore intercontinentale, è in grado di trasportare una testata atomica e di planare come un aliante a grande altitudine, slittando sugli strati più densi dell’atmosfera a Mach 20 (20 volte la velocità del suono) per poi colpire obiettivi lontani senza essere intercettata dai sistemi antimissile Nato.” (Corriere della sera, 26 dicembre 2018).
In risposta alla provocazione di Donald Trump che il 20 ottobre scorso ha annunciato il ritiro dal Trattato sui missili nucleari a corto e medio raggio. l’Occidente, sempre segnalava il 21 ottobre, l’autorevole quotidiano, dispone di 2.207 testate atomiche, sommando quelle statunitensi, britanniche e francesi. Quasi un terzo in meno dei russi che possono contare su 3.587 testate. Inoltre, la buona parte delle bombe americane sono obsolete, per lo più in depositi europei, In Italia, nelle basi di Aviano e Ghedi ce ne sono 70. Tra laltro la notizia del test di Avangard arriva anche nelle stesse ore in cui i vertici della Marina russa hanno denunciato la presenza di armi ad alta precisione nei pressi dei confini russi. Come riportato dall’agenzia Tass, il comandate in capo della Marina russa, l’ammiraglio Vladimir Korolev, ha dichiarato al quotidiano Krasnaya Zvezda che gli Stati Uniti hanno aumentato il numero dei sistemi strategici non nucleari ad alta precisione nelle acque che circondano la Russia. Poche ore dopo, Putin ha annunciato il risultato del test del missile ipersonico. Si tenga poi conto che la Cina comunque possiede almeno 280 testate nucleari a sua volta.
Può questa situazione lasciarci tranquilli? Come possiamo sperare che questa folle corsa al riarmo, non possa prima o poi scatenare una guerra distruttiva dell’intera umanità? la deterrenza potrà reggere a lungo? Fin dove può arrivare la stoltezza umana?
Consideriamo poi quanta massa di denaro viene tolta per risolvere i gravi problemi della povertà e carenza dei beni necessari di base per milioni di persone crocifisse dalla fame, sete, ingiustizia e utilizzata per costruire strumenti di morte.
Rimane inalterata e tragicamente inascoltata la voce di Papa Francesco che non risparmia occasione per denunciare la corsa insensata alle armi, la produzione sconsiderata di strumenti di morte, tenendo conto che vi sono nel mondo ancora 20 guerre e 136 crisi violente come riporta l’ultimo rapporto Caritas sui conflitti dimenticati? E il premio Nobel ad ICAN, l’organizzazione per il bando delle armi nucleari, con sede a Ginevra, ottenuto nel 2107, quanto riflesso ha avuto nelle comunità anche cristiane? Quanto se ne è parlato? Per fortuna c’è stato un simposio in Vaticano, sul disarmo nucleare il 10 e 11 novembre 2017, ma quanto ha inciso nella nostra catechesi, predicazione, discussione tale fatto di importanza capitale?
Guardiamoci pure in faccia tra noi, credenti: quanti siamo disposti a portare avanti le istanze del Papa, con la denuncia, con il far conoscere tali preoccupanti scenari di morte e distruzione? Quanto abbiamo fatte nostre le parole del profeta Isaia ascoltate nella S.Messa natalizia della mezzanotte “Perché ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati e dati in pasto al fuoco”?
Dov’è finito l’ardore di don Primo, anche in tanti che lo ammirano, il suo coraggio di dire chiaramente le cose, senza timore e mediazioni, mimetismi e troncature?
Ricordiamo, tra i tanti, il suo intervento in Adesso del 1 luglio 1950, dal titolo “La bomba atomica e ogni arma sterminatrice fuori legge” in relazione alla III sessione del Comitato mondiale della pace che si era riunito a Stoccolma dal 15 al 19 marzo 1950 e che realizzò un appello significativo.
In esso si domandava l’interdizione di ogni arma atomica, controlli a livello internazionale, la parificazione a criminale di guerra, di quello stato che avesse per primo fatto uso della bomba atomica, e l’invito a firmare questo appello da parte di tutti gli uomini di buona volontà.
Mazzolari nel lungo e articolato scritto, non ebbe timore di esprimere sebbene attraverso uno pseudonimo, la sua volontà di firmare questo appello.
“Sono disposto a firmare il messaggio di Stoccolma perché esso traduce, al di sopra di ogni intenzione e di ogni ambiguità dei suoi proponenti, un profondo sentimento cristiano in termini precisi e netti; perché intendo unirmi alla massa dei semplici, che è il sale della terra, cui la prospettiva di un massacro atomico, giustamente rivolta; perché non voglio con un rifiuto mettere in tentazione milioni e milioni di puri di cuore, di giudicare la mia fede e la mia Chiesa, che è poi la loro fede e la loro Chiesa; perché voglio impegnarmi dal di dentro e tenere testa a chiunque intendesse svuotare l’appello del suo significato universale e farlo servire all’imperialismo d’oriente o alla rivoluzione ateistica. Firmando come cristiano, scendo a militare per la pace cristiana in campo aperto, là dove essa è invocata da milioni di cuori e dove purtroppo s’aggirano più mercenari che pastori. Il popolo lo si raggiunge ove esso si raccoglie, e la massa può essere spaccata solo con la dimostrazione toccabile che ciò che essa vuole di bene, il suo segreto anelito verso la giustizia e la pace, è voluto veramente da chi «è il lotta per Cristo»” (Adesso I, 279).
La strada è da tempo tracciata, l’urlo profetico di don Primo continua a vibrare, il grido attuale di Papa Francesco rimbalza di giorno in giorno. E le nostre coscienze?
E noi credenti in Cristo? Siamo ancora sordi a queste voci preoccupate per l’avvenire umano? Come discepoli di Gesù, dovremmo essere in prima fila in questa lotta pacifica, in questa denuncia evangelica dei poteri della morte e del peccato.
Invece siamo, forse tranne alcune avanguardie, le chiamerebbe Mazzolari, spesso derise tra l’altro, muti, silenti, distratti, intorpiditi, disinteressati, storditi da una cultura dell’indifferenza che sta paurosamente portandoci verso la voragine della distruzione. Forse non lo permetterà il Pacifico, morto in croce e risorto per noi.
Ma intanto egli ci richiama alla nostra responsabilità e ci inchioda ai nostri compromessi e silenzi. La sua grazia ci rinnovi e il suo Spirito ci dia volontà e forza di tornare ad essere impavidi costruttori di pace.