Domenica 9 settembre 2018

Dal Vangelo secondo Marco, 7, 31-37

In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.

Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.

E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

 

La cura della fede

A cura di Don Pietro Borrotzu, accompagnatore spirituale Acli Nuoro

Gesù continua, anche in questa domenica un insegnamento tendente a rendere la fede più profonda e meno superficiale, non solo dichiarata, ma anche vissuta, un’esperienza in cui viene coinvolto il cuore, superando il formalismo vuoto.

All’interno di questa direzione di marcia il messaggio di questa domenica valorizza l’esperienza dell’ascolto, che nel linguaggio biblico sfugge all’idea dei messaggini veloci che si consumano nello spazio di qualche minuto, per connotarsi invece dell’atteggiamento dell’obbedienza, dell’interiorizzazione che crea qualcosa di stabile e possibilmente di definitivo.

Nel linguaggio biblico l’ascolto/obbedienza significa fare riferimento a Dio non in modo vago e superficiale, estemporaneo ed occasionale, ma in modo pregnante, incisivo ed orientativo per la propria vita.

Per descrivere la situazione opposta, il Vangelo e la Bibbia utilizzano immagini efficacissime: la sordità, l’afasia, la zoppìa, la cecità. Il Vangelo di questa domenica parla della guarigione di un sordomuto, ma l’episodio non descrive solo la guarigione di un problema fisico; esso ha a che fare con la fede. Intanto le coordinate geografiche contenute nel brano indicano un percorso a zig-zag, decisamente illogico. Ma ciò che appare chiaro è che le località indicate sono tutte in territorio pagano. Quindi chi viene guarito non è solo questo sordomuto. Registriamo quasi un’estensione del miracolo: l’intervento di Gesù non è per pochi intimi, né per qualche privilegiato. Nella guarigione del sordomuto c’è un progetto e un’iniziativa di guarigione per tutti. E la condizione di sordomuto non descrive solo una malattia fisica, un handicap grave. Descrive anche non trascurabili conseguenze sociali: l’isolamento definitivo dal mondo, l’impossibilità o la menomazione delle relazioni, una incompiutezza irreversibile nella realizzazione di sé. Soprattutto descrive, e qui andiamo al significato religioso, la chiusura a Dio e al mondo. Non per nulla spesso la Bibbia, per parlar di insufficienza o di mancanza di fede, ricorre all’immagine della sordità e della cecità: cechi e sordi sono le persone e il popolo quando non si rendono disponibili all’ascolto della parola di Dio e all’obbedienza nei suoi riguardi; e muti sono coloro che non vivono la propria esistenza nell’annuncio gioioso delle meraviglie operate da Dio.

L’evangelista Marco, nel racconto dell’episodio, utilizza la parola precisa che Gesù ha pronunciato: “Effatà!” (Apriti!). Essa vuol dire di più rispetto al “Sii guarito!”. C’è l’idea dell’essere impastato di nuovo, dell’essere creato di nuovo, dell’essere collocato nella condizione dell’ascoltatore, obbediente, capace di entrare in relazione, di vivere la relazione con Dio e con gli altri. E il gesto è fondamentale: Gesù tocca la bocca e le orecchie del sordomuto ed esse si aprono davvero. Quante volte anche le nostre mamme hanno passato la saliva sopra le nostre piccole ferite ed escoriazioni, che da piccoli portavamo a casa quasi ogni giorno. Il dolore passava: piccoli miracoli della tenerezza sperimentata nella nostra infanzia. Sono il segno della certezza di essere amati.

Da poco ho incontrato una signora che andava in carcere a trovare il marito: lo ha trovato disperato. Lui le aveva mandato un telegramma per una comunicazione urgente, ma lei non aveva risposto perché non lo aveva mai ricevuto. Il marito si era così fatto l’idea che lei lo avesse lasciato. Quando manca la certezza dell’essere amato, si fa buio. Per questo motivo la comunità ecclesiale ripete il gesto di Gesù su coloro che ricevono il Battesimo: inizio dell’apertura a Dio e alla Comunità.

Non si potrà più essere spettatori, con una fede intimistica ed ingessata.