Domenica 5 agosto 2018 Anno B

LETTURE DEL GIORNO: Es 16,2-4.12-15; Sal 77; Ef 4,17.20-24; Gv 6,24-35

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Dal vangelo secondo Giovanni

In quel tempo, quando la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbi, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mose che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».

                                    

‘’Dobbiamo essere profeti di vita e giustizia’’

A cura di don Roberto Agnelli, accompagnatore spirituale Acli Cremona

Tra il racconto della moltiplicazione dei pani e pesci, e il discorso di Cafarnao di cui inizia questa domenica la lettura, vi è l’episodio  che la liturgia non riportata, ma che è  importante, di Gesù che cammina sul mare e viene incontro alla barca dei  discepoli che è sconvolta dalla tempesta a motivo di un forte vento. Quando egli si avvicina rincuora i discepoli impauriti, dicendo loro di non temere, e prendendolo sulla barca, raggiungono la riva verso cui erano diretti.

Tale scena ci fa pensare a tante imbarcazioni che navigano nel Mediterraneo e spesso sono travolte dalle onde del mare. Gesù ci fa capire che noi credenti dobbiamo essere coloro i quali sostengono le persone nella tempesta  e stando loro accanto  portarli verso la riva della pace e della giustizia.

Sappiamo quanto il discorso sulle migrazioni sia diventato oggetto di violenza, odio scarto dell’altro, offesa, calunnia. La semplificazione del fenomeno inasprisce gli animi, i falsi racconti induriscono i cuori. È un fenomeno complesso, ma non per questo da parte dei cristiani vi deve essere un adattamento egoistico e acritico alle posizioni dominanti. Non ci è garantito dalla parola di Dio nessun successo umano. Anzi, la persecuzione come perseguitato è stato il Cristo che noi vogliamo seguire,  è il segno della autenticità del nostro essere cristiani.

Non possiamo cadere nell’indifferenza, nel cinismo. Dobbiamo essere profeti di vita e giustizia, capaci di immettere nella storia la regola della compassione e della umanità.

Giunto nella sinagoga di Cafarnao, Gesù contrappone al pane che deperisce, quello umano, uno che invece dura per la vita eterna. Il miracolo della moltiplicazione dei pani e pesci quindi va colto nella sua profondità autentica. È stato un gesto materiale utile senz’altro per andare incontro alle necessità dl popolo, ma deve anche suscitare nei credenti una domanda sulla identità vera di chi ha compiuto il gesto, ovvero Gesù. Se noi ci impegniamo a condividere il cibo con gli affamati e ci schieriamo al fianco dei poveri e degli oppressi è perchè vogliamo seguire  il Figlio di Dio e nella comunione con lui ritrovare le motivazione autentiche di una testimonianza storica credibile ed evangelica. Prima di compiere opere credendo che siano di Dio, come chiedono gli ebrei a Gesù, anche noi dobbiamo realizzare l’opera fondamentale, ovvero lasciarci trasformare da lui nella fede, nella adesione esistenziale e quotidiana a lui. Scrisse il prossimo santo Mons. Oscar Romero commentando questo brano evangelico il 5 agosto 1979: “Il divino Salvatore del mondo….è un invito ad elevarci dalle necessità della terra per comprenderlo come soluzione definitiva che viene dall’alto, attraverso la speranza, la preghiera, l’amore. Dobbiamo impegnarci come se tutto dipendesse da noi, ma si deve sperare in Cristo, come se tutto dipendesse da lui. Questo è l’equilibrio necessario per un vero sviluppo”.

Vi è ancora in noi cristiani l’interesse per il Cristo che dimostrano le folle nel Vangelo, oppure abbiamo ridotto tutto a religione borghese, a dimensione sacra di tipo identitario, rifuggendo da un   impegno concreto  e storico?

È necessario ritrovare la freschezza e la originalità di una esperienza cristiana che si libera dalla ricerca spasmodica di segni esteriori, e torna al cuore della rivelazione, che è Gesù di Nazaret, Figlio di Dio morto e risorto, vivo in mezzo a noi e che definendosi pane di vita, ci fa comprendere che egli è assolutamente essenziale e necessario per vivere la  nostra testimonianza di battezzati dentro le pieghe della storia umana nella quale immettere il lievito del regno di Dio.