Dal vangelo secondo Luca (Lc 16, 1-13)
In quel tempo, Gesù disse ai farisei:
«C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di
sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco; ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe.
Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: “Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”.
Ma Abramo rispose: “Figlio, ricòrdati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi”.
E quello replicò: “Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento”.
Ma Abramo rispose: “Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro”. E lui replicò: “No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno”. Abramo rispose: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti”».
La salvezza nella legge dell’amore
A cura di don Franco Appi, accompagnatore spirituale Acli Forlì-Cesena
Il brano si trova subito dopo la parabola dell’amministratore che sperpera e l’uso della ricchezza iniqua che può essere resa giusta dalla condivisione. È anche dopo la polemica con gli scribi e farisei che s’inasprisce sempre più. Qui abbiamo un’altra famosa parabola, quella del “ricco epulone e del povero Lazzaro”, che si trova solo nel vangelo di Luca ed è un monito a considerare che l’orizzonte intero della vita non si conclude solo nella dimensione terrena. Si distinguono due scene contrapposte in modo drammatico: nella prima si presenta la vita sulla terra dei due protagonisti, poi la vita nell’aldilà. È l’unica volta nelle parabole che si ha il nome di un personaggio: “Lazzaro” che significa “Dio ha soccorso”. Già questo indica lo sguardo di Dio verso i poveri che meritano per questo di avere un nome, di essere da lui riconosciuti. Invece il ricco resta anonimo, non è ritenuto degno del nome. Il racconto evidenzia la completa indifferenza di chi vive nel lusso nei confronti di chi giace alla sua porta, bramoso degli avanzi. Ritorna il discorso della ricchezza iniqua perché non condivisa. La situazione dei due cambia radicalmente dopo la morte. Il povero, che non aveva nulla, viene portato accanto ad Abramo, cioè nel banchetto celeste dove si adagia vicino al patriarca, in un posto di assoluto onore. Il ricco, invece, finisce nello sheol cioè il soggiorno dei morti. Mentre prima poteva soddisfare tutte le sue voglie, “ogni giorno si dava a lauti banchetti”, ora si trova “negli inferi fra i tormenti” e invoca, senza ottenerla, una goccia d’acqua. Ci
stupisce che anche l’epulone dannato viene chiamato “Figlio”. Non manca la dimensione paterna della misericordia ma c’è di mezzo il “grande abisso” invalicabile, immagine che indica la sorte ormai immodificabile di ogni uomo dopo la morte. Il significato del ribaltamento sta nel dialogo tra l’epulone e Abramo e la risposta alla richiesta di una goccia d’acqua è severa. Riecheggiano qui le beatitudini e i guai del capitolo 6. Il ricco che non si apre alla condivisione, chiuso nelle sue ricchezze su cui fonda le sue speranze si accorge del nulla su cui ha costruito. Inoltre appare la morte come il momento più importante perché fissa la condizione vera della vita nel suo orizzonte totale. La domanda dell’epulone perché sia annunciata questa verità ai fratelli serve a ribadire che la parola di Dio è già annunciata, già l’amore al prossimo è promulgato non c’è bisogno di aggiungere nulla al Vangelo. Non basterebbe “neanche se uno risorgesse dai morti”: probabilmente il Vangelo allude alla risurrezione di Gesù che non sempre è creduta in modo efficace.