Dal vangelo secondo Matteo (Mt 21,28-32)
In quel tempo, Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna. Ed egli rispose: Non ne ho voglia. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: Sì, signore. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Educarci al cambiamento
A cura di don Matteo Ferro, assistente spirituale delle Acli di Foggia
Non ne ho voglia, Nessuno nasce perfetto, né lo diventa, la cosa importante è capire che la nostra vita è un dono che non va sprecato, ma vissuto giorno dopo giorno per ricercare sé stessi e realizzarci nell’incontro con gli altri. È in questo contesto che rileggo la risposta del secondo figlio. Quel: non ne ho voglia può essere letta con una stanchezza dettata dal vivere il quotidiano, dove diamo tutto per scontato, nel pensare che tutto ci è dovuto. Invece no, ogni giorno dobbiamo cercare di meritarci quello che abbiamo. Dobbiamo lottare per realizzare i nostri sogni, perché quando non riusciamo a realizzarli è perché stiamo sbagliando modo, oppure facciamo poco o nulla. “Ma poi, pentitosi, ci andò”. È bello pensare, che poi lo sfaticato compie il suo dovere di figlio e verso la propria coscienza, questa è la logica della conversione, del cambiamento di chi pensa e agisce con tutte le sue forze, umane e spirituali, cercando di dare alla sua vita un’altra possibilità. Anche perché questo racconto evangelico ci sprona a capire che la chiamata è per tutti, la responsabilità è di tutti, di tutta l’umanità, senza differenza di razza, religione, ceto sociale; giusti, peccatori, buoni o cattivi. Credo che questa mia riflessione possa essere una visione pedagogica di questa parabola. Il secondogenito ci fa capire che oggi è importante educarci al cambiamento di noi stessi. In un mondo in cui si parla molto di cambiamento, in cui questo termine è diventato quasi uno slogan, una moda da seguire, educarsi al cambiamento è connaturale all’uomo, è qualcosa che fa parte del ciclo della vita. Quindi viviamo come cristiani, l’essere a volte stanchi, annoiati, sconfitti, ma soprattutto pieni di speranza perché se in noi avviene il cambiamento cioè la conversione, veramente cambieremo il mondo, perché i primi ad essere cambiati in meglio saremo noi stessi. Dobbiamo uniformarci al dettato del secondo Figlio: si ci vado anche se mi costa fatica, speranzoso non solo di fare la volontà del Padre, ma di far vivere la giustizia e la speranza.