Domenica 21 febbraio 2021

Dal vangelo secondo Marco (Mc 1, 12-15)

E subito lo Spirito lo sospinse nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano.
Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

 

 

Con intensità e misericordia

 

A cura di don Lorenzo Flori, collaboratore delle Acli di Bergamo

 

Per questo inizio del nostro cammino di Quaresima, la liturgia propone il primo capitolo di Marco, un brano sintetico ma molto denso. Posto all’inizio del Vangelo, dopo il battesimo di Gesù, queste poche frasi sintetizzano tutta la predicazione pubblica del Cristo che nei versetti successivi verrà presentata. Stupisce che prima di iniziare la sua manifestazione pubblica Gesù debba passare quaranta giorni nel deserto. Nel brano subito precedente, uscendo dal Giordano, aveva ricevuto una voce dal cielo che l’aveva proclamato Figlio amato da Dio e inoltre lo Spirito era sceso su di lui come una colomba. Eppure, quella scena così grandiosa, non è l’inizio della predicazione. Per partire, Gesù deve invece fare un periodo di prova: ci sembra questa una utilissima indicazione per il nostro percorso quaresimale, perché veniamo subito introdotti in questa teologia del “deserto”, che è dunque una esperienza necessaria, non evitabile, per poter affrontare la vita. Il deserto è un luogo dove non si può vivere («deserto grande e spaventoso, luogo di serpenti velenosi e di scorpioni, terra assetata, senz’acqua», Dt 8,15) ma proprio lì scopriamo che abbiamo una fonte di vita migliore delle semplici riserve di acqua e pane. È il grande libro del Deuteronomio che ha sviluppato il tema del deserto, mostrandocelo come un luogo di prova; prova però non finalizzata solo a far soffrire l’uomo: essa ha invece per scopo il far sentire l’amore di Dio che del suo popolo si è preso cura («Il tuo mantello non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant’anni», Dt 8,4). Attraverso le prove, impariamo l’umiltà, impariamo a confidare in Dio che è un padre, conosciamo veramente il nostro cuore («Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore…  per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore», Dt 8,2-3).

Lo stesso Gesù Cristo non ha voluto un trattamento diverso da quella pedagogia che tocca ogni uomo, che cresce solamente attraverso le prove e grazie ad esse impara ad affrontare la propria vita. Per questo motivo il soggetto che lo sospinge non è il Tentatore ma lo Spirito stesso di Dio, che era disceso su di lui. Credere in Dio non significa vivere una vita senza prove, ma sapere che nelle prove che la vita ci riserverà non saremo mai soli. Gesù stesso vince le tentazioni e scopre il deserto come un’esperienza di riappacificazione con il creato (vive con le bestie selvatiche) e viene curato dagli angeli. Grazie a questa esperienza di fede Gesù può cominciare la sua predicazione. E un evento funesto come l’arresto di Giovani Battista, preludio poi alla sua morte, diventa in verità l’occasione perché Gesù parta per la sua missione. La fede è in grado di ribaltare un momento negativo e farlo diventare un’occasione di annuncio del Vangelo. Proprio questo atteggiamento è quello che Gesù insegna, e tutta la sua vita viene sintetizzata da Marco con questo invito a rendere presente il Regno di Dio. Il tempo della Buona Novella non è domani, ma è oggi; il Regno si è avvicinato, è così prossimo che possiamo già viverlo.