Dal vangelo secondo Matteo (Mt 14, 13-21)
In quel tempo, avendo udito [della morte di Giovanni Battista], Gesù partì di là su una barca e si ritirò in un luogo deserto, in disparte.
Ma le folle, avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalle città. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». Ed egli disse: «Portatemeli qui».
E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Compassione e condivisione
A cura di don Riccardo Donà, assistente spirituale delle Acli di Trieste
La Compassione e la Condivisione sono le linee guida in questo Vangelo di Matteo, di questa domenica.
Gesù, nuovo Mosè nel deserto, guarisce e fascia le ferite, egli è il buon pastore che raccoglie le sue pecore e le raduna da ogni dove, per donare loro una vita nuova.
La moltiplicazione dei pani è un atto liturgico, una cena, un evento Pasquale, Egli dà loro se stesso e vuole insegnare agli apostoli come dovranno, da ora in poi fare anche loro, “date voi stessi da mangiare”.
Il racconto ha un valore Eucaristico: “alzò gli occhi al cielo e pronunciò la preghiera di benedizione, e, spezzati i pani, li diede ai discepoli”.
Il compimento della Pasqua: “tutti mangiarono e si saziarono”il racconto ricorda Mosè e la manna nel deserto, la dove erano gli ebrei a raccoglierla al mattino come rugiada, qui è Gesù stesso che compassionevole va’ loro incontro dissetando e sfamando il suo popolo, condividendo tutto ciò che ha con tutti, è lo stesso Padre che in Gesù va incontro a tutti gli uomini donando loro se stesso fino allo svuotamento finale sulla croce.
Il Santo Giuseppe Cottolengo vede nei poveri Gesù e quando li serve con amore e affetto, non dimentica mai di ricordare: “I poveri sono Gesù e come tali bisogna servirli. Se voi pensaste, e comprendeste bene qual personaggio rappresentano i poveri, di continuo li servireste in ginocchio”.
Il suo biografo racconta: camminava sempre a piedi, senza mai servirsi di alcuna cavalcatura, anche nei viaggi, per quanto stanco fosse e malconci avesse i piedi. Né, per quanto imperversassero intemperie di pioggia o neve, si coprì la testa dal giorno in cui cominciò a servire nostro Signore fino a quando lo chiamò a sé.
Eppure, sentiva compassione delle più lievi sofferenze dei suoi simili e procurava di aiutarli, come se egli vivesse in molta agiatezza.