Dal Vangelo secondo Giovanni, 6, 51-58
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Risalire al Dio vero, entrando in comunione col Padre, nutrendoci di Cristo
A cura di don Antonio Agnelli, accompagnatore spirituale Acli Cremona
Nel brano evangelico di questa domenica, Gesù riprende a definirsi come pane vivo disceso dal cielo, ad identificarsi quindi con il dono oltre il quale non se ne può attendere un altro maggiore, che Dio fa all’umanità.
Non più la manna, ma lui sfama in modo definitivo e assoluto quanto di più profondo ed insaziabile esiste nel cuore delle persone, senza dimenticare comunque come egli ci inviti a prenderci cura anche della fame e sete materiale di troppe persone che ancora vivono da impoveriti a causa di meccanismi economici che danno morte, come spesso ci ripete profeticamente Papa Francesco.
il pane però viene in seguito identificato con la “carne”. Ci dicono autorevoli commentatori del vangelo di Giovanni che egli usa in questo caso non la parola greca sδma, come troviamo nei testi eucaristici dei vangeli sinottici, ma sarx, termine che invece indica l’aspetto della fragilità, della esistenza storica di Gesù che solidale con noi in tutto tranne il peccato è sottoposto alla debolezza e alla morte. Il Verbo si fece carne, dice Giovanni all’inizio del suo vangelo, per farci comprendere la radicale vicinanza e compartecipazione di Dio nel Figlio alla storia umana e per salvarla dal di dentro, soffrendone il rifiuto e offendo il perdono.
Gesù afferma poi che darà la sua carne, cioè tutta la sua esistenza aperta al Padre e ai fratelli in modo totale nella morte quando nello Spirito la sua vita tornerà ad essere eterna e definitiva. Esegeti specializzati tornano a dire che l’offerta del mangiare il suo corpo significhi qui, aderire a lui totalmente, in quanto lui solo è capace di donare la vita.
Di fronte alla incomprensione dei Giudei, Gesù insiste in modo più forte e deciso e invita a mangiare il suo corpo e bere il suo sangue.
Mangiare e abbeverarsi di lui, quindi, sono la condizione essenziale perché vi sia comunione tra Gesù e i discepoli.
Per l’evangelista Giovanni il rapporto vitale tra Cristo e chi lo segue non è solo caratterizzato dalla dinamicità del seguirlo, ma anche nella dimensione statica del rimanere in lui, come spesso Gesù medesimo dice nel quarto vangelo “rimanete nel mio amore” (Gv 15, 7.9.10).
Comunicare con lui infine, porta a entrare in amicizia vitale con il Padre, a condividere l’amore che lo unisce al Figlio, e vivere l’unità di coloro che si lasciano trasformare dallo Spirito della vita.
Non si tratta di un discorso solo teorico-cristologico.
Entrare nella comunione col Padre, nutrendoci di Cristo, significa risalire al Dio vero, al Dio della pienezza, della misericordia, dell’amore, del perdono. Se in lui vi è il senso del tutto, noi siamo chiamati a testimoniare nei frammenti del vivere, nella fragilità e peccaminosità dell’esistere, l’aver trovato in Cristo il Dio della vita, difendendo ogni vita, curandola come dono unico e insostituibile.
“Dio che si fa cibo e bevanda dell’uomo, Dio che si consuma e dispare dentro la carne e il sangue dell’uomo, e noi a cibarci di Dio, a nutrirci di lui: per non morire più, per vincere tutte le solitudini, e la comunione con tutti gli esseri si avveri: fine di ogni esistenza, il fine di ogni religione, traguardo della storia, e finalmente la fine del gemito di tutta la creazione: o Eucaristia, segreta anima del mondo! Amen. (David Maria Turoldo).