Gv 3,14-21
Dal vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
La salvezza per la fede…
A cura di don Lorenzo Flori, collaboratore delle Acli di Bergamo
Il brano del capitolo 3 di Giovanni è un vero capolavoro che, con una sintesi prodigiosa, affronta alcune delle questioni più difficili e importanti per la nostra fede. Dio ama il mondo e questo è quanto viene affermato con convinzione: Dio ci ama a tal punto da offrire quanto ha di più caro, ovvero il Figlio Unigenito. Dio è una forza d’amore e di vita, vuole che la nostra vita sia piena e non tollera che qualcuno di noi vada perduto. Per questo è venuto il Figlio, per portarci questa pienezza di vita. Questa prospettiva viene confermata anche in altri testi, come si dice nel brano del Buon Pastore: «Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). Questa prospettiva così bella e teologicamente profonda non porta però l’evangelista a dimenticarsi della realtà umana, fragile e anche peccatrice. Con la stessa sintesi e chiarezza con cui afferma l’amore di Dio, l’evangelista riconosce anche la durezza dell’umanità che preferisce le tenebre alla luce. È una conclusione storica che parte dall’esperienza di Gesù Cristo: lui era la luce, da Dio si è fatto uomo per venire fin da noi e noi uomini abbiamo rifiutato questo amore. Nella singola vicenda di Gesù possiamo vedere la storia dell’umanità: amare costa fatica e l’uomo cerca altre vie, preferisce trovare gloria con le proprie opere ma proprio perché non sono fatte in Dio ma servono solo ad innalzare sé stessi, queste opere sono malvagie. E noi uomini non tolleriamo che questo nostro orgoglio venga rimproverato: per evitare questo giudizio, siamo pronti noi a giudicare e a uccidere.
Ma se questa modalità violenta appartiene all’uomo, ben diverso è Dio: agli avrebbe dovuto giudicare gli uomini e non avrebbe potuto far altro che condannarli, perché appunto le loro opere erano cattive. Il giudizio non poteva essere che di condanna. In questo, Giovanni condivide il pensiero paolino dove non c’è uomo perfettamente giusto sulla terra e per questo non possiamo presentarci in giudizio presso Dio con un elenco di meriti. Esattamente per questo motivo Gesù è venuto sulla terra: per aprire una via di salvezza diversa, non basata su meriti e opere buone da esibire. La salvezza viene dal credere che Dio sia questa forza d’amore che si è manifestata in Cristo e che Dio non vuole il giudizio ma la salvezza: chi crede questo, ha la vita eterna! Ovviamente, la fede non è solo una teoria, un’idea! Ecco perché il vangelo giustamente si fa anche concreto, e dice che chi fa il male odia la luce. Il credere o no nel Cristo, come fonte generale di salvezza, è una dimensione pratica! Infatti, «chi fa la verità viene verso la luce»: l’uomo, dunque, è anche in grado di fare cose buone, ma siccome la verità per il Quarto Vangelo è Gesù stesso («Io sono la via, la verità e la vita»), fare la verità significa operare in lui e quindi in Dio stesso. A questo punto le azioni non sono compiute per “comprarsi” un seggio in paradiso ma sono frutto della fede che ci ha salvato e liberato da ogni giudizio e da ogni pretesa. Agiamo solo per dare gloria a Dio, così come ha fatto Gesù, suo Figlio.