Santissimo Corpo e Sangue di Cristo
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 6, 51-58)
In quel tempo, Gesù disse alla folla:
«Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Un solo corpo
A cura di don Fabio Picinali, collaboratore delle Acli di Bergamo
In questa seconda domenica dopo il tempo pasquale, dopo esserci addentrati, la scorsa settimana, nell’essenza di Dio contemplando il mistero della Trinità, oggi siamo chiamati ad abbandonarci al mistero dell’Amore donato.
In genere quando parliamo del mistero dell’Amore donato pensiamo all’ultima cena, alla croce, al dono che Gesù fa di sé; oggi ci rendiamo conto che, benché non semplici da comprendere, questi eventi della vita di Gesù sono solo un primo passo che l’uomo può compiere nell’entrare in contemplazione del mistero vero e proprio.
La solennità di oggi ci dona di contemplare il mistero dell’Amore donato, visibile e vero nel mistero eucaristico, nel Corpo e nel Sangue di Cristo che ogni giorno si offrono in sacrificio sugli altari di ogni chiesa del mondo.
È un mistero immenso, è un mistero che non riusciremo mai a comprendere: quello che noi vediamo come pane diviene vera carne e quello che noi vediamo come vino diviene vero sangue.
Benché qualcuno si abbatta difronte ai misteri, io li ritengo una grazia; finché rimane mistero infatti posso continuare a contemplare ciò che non comprendo; nel momento in cui posso comprenderlo, nel momento in cui posso darne una spiegazione … tutto termina perché non attira più il mio interesse e la mia attenzione passa a qualcos’altro!
Dunque, il mistero del Corpo e del Sangue di Cristo.
Sono forti le parole del vangelo, più volte si ripete la parola “carne” e la parola “sangue” e non lascia fraintendimenti, parla proprio del suo corpo, quello fatto di ciccia e di ossa come il nostro, e se qualcuno avesse ancora dei dubbi l’evangelista aggiunge: “colui che mangia me …” non dice colui che mangia il mio ricordo o colui che mangia ciò che mi assomiglia, dice proprio “colui che mangia me”. Sono queste parole che in passato hanno fatto dire a qualcuno che “i cristiani sono cannibali” perché mangiano la carne e bevono il sangue di Gesù… Parole forti, parole che fanno riflettere.
Quando ci accostiamo all’Eucarestia siamo spesso spensierati, difficilmente pensiamo in questi termini, e va bene così, anche se ci farebbe bene ogni tanto fermarci a riflettere. Questa solennità ce ne dà l’opportunità.
Nella prima lettura ricorrono termini che fanno riferimento al fare memoria, “ricordati … non dimenticare” … già, non si può comprendere il sacrificio di una vita se non si riporta alla mente ciò che ha spinto questo sacrificio. Come comprendere un padre o una madre che offrono la vita per salvare il proprio figlio o consumano le loro esistenze per offrire una vita dignitosa alla propria famiglia se non all’interno di un mistero di Amore. L’antico Testamento pare dirci: ricordati della catena di Amore che tiene in piedi la tua esistenza e scoprirai che l’Amore Sacrificio (se così possiamo chiamarlo) fa parte dell’uomo.
Dunque, contemplando l’Eucarestia non possiamo fare altro che contemplare il mistero dell’umanità: cuore pulsante di ogni famiglia, cuore pulsante di ogni relazione profonda.
“L’uomo non vive soltanto di pane, ma … di quanto esce dalla bocca del Signore”. Sono le parole del deuteronomio ma penso siano una sintesi mirabile dell’eucarestia. Quello che i nostri occhi riconoscono come pane, è la carne di Gesù, Verbo di Dio. Nella messa noi ci cibiamo alle due mense della Parola e del Pane e oggi la liturgia ci aiuta a comprendere che di fatto si tratta di un’unica mensa, la mensa di Dio che dona il suo Amore all’umanità perché l’umanità, assumendo in se tutto “quanto esce dalla bocca di Dio” (parola e pane: il Verbo incarnato) possa divenire “un solo corpo” ad immagine di quella Trinità che abbiamo contemplato la scorsa settimana. Amen.