Prima domenica d’Avvento
Dal vangelo secondo Matteo (Mt 24, 37-44)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
Sorpresi, non sprovveduti
A cura di don Enrico d’Ambrosio, parroco di Campagnola a Bergamo
L’Avvento ci ridesta. In questo nostro tempo di gestazione siamo in pieno travaglio. È diluvio o sono doglie? Gravida è l’attesa per ogni donna e madre che attende la propria nascita nella nascita del figlio. Il Figlio dell’uomo viene; è certo, ma non sappiamo l’ora. Tanto è atteso quanto la sua venuta è improvvisa e imprevedibile. Così come la rottura delle acque della partoriente giunge improvvisa da un momento all’altro… In realtà la madre sa anche avvertirne i segnali. Da qui l’invito: vegliate, state pronti Egli verrà.
Come rimanere vigili, in attesa e pronti per l’ora del parto? C’è da stare in ascolto: di sé, del tempo che viviamo e di quel Figlio che sta per nascere. Non c’è da distrarsi, né cadere nell’affanno; né lasciarsi travolgere dagli eventi. «È ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti». Si tratta di accogliere la bella notizia che in questa nascita si annuncia carica di una promessa. «La notte è avanzata, il giorno è vicino».
I giorni che precedettero il diluvio cosa hanno in comune con i nostri giorni? Sono giorni dove si mangia e si beve, dove si prende moglie e marito’; giorni che scorrono come tutti gli altri ma non sono come tutti gli altri. Sono i giorni della generazione di Noè, giorni in cui la terra soffre, nei suoi abitanti, di distrazione collettiva, di distruzione diffusa, di dominio incontrollato sull’ambiente, le potenze del mondo pensano di avere tutto sotto controllo. In un clima di anestesia diffusa e di clima gassoso noi abitanti del pianeta terra continuiamo a fare come se nulla ancora fosse successo o possa cambiare e pare che non si accorsero di nulla, salvo quando si è colpiti da una sciagura.
Dio viene a svegliarci, non possiamo rimanere distratti, assistere passivamente ai segni della distruzione; riparandoci inerti dietro un senso di impotenza che è piuttosto indice di irresponsabilità…. Dobbiamo intendere il silenzio di Dio sulla sua creazione come quella parola capace di scuoterci dal sonno. Si deve partire da noi a costruire l’arca. Può sembrare una piccola cosa che non salva l’intero mondo; può sembrare un lavoro inutile… Eppure basta che un uomo si muova. Noè, non attende miracoli dal cielo, né costruisce un rifugio per salvarsi lui solo, con i suoi annullando tutti gli altri e tutto il genere umano. Noè si muove, si mette all’opera, non si lascia intimorire da quanti lo ignorano, lo screditano, lo denigrano, cercano di isolarlo ed accusarlo di sfruttare chissà quale occasione per farsi pubblicità per diventare famoso. Lui fino a poco prima era sconosciuto…. Ma Noè non è uno che getta le fondamenta e poi non è in grado di costruire e di calcolarne la spesa….
Che cosa può fare Noè di fronte al diluvio avvertito come una minaccia imminente nella sua forza dirompente? Le acque alzano la loro voce. Torneranno a sommergere tutta la terra? La visione è catastrofica? In che senso la pagina del vangelo appartiene al genere apocalittico? Apocalisse vuol dire rivelazione, non catastrofe. L’apocalisse è una parola profetica che non predice nulla, ma toglie i veli che ci coprono gli occhi, rivela da una parte la forza distruttiva delle potenze mondane, del loro impero anche sull’ambiente e rivela la forza della fede che cerca di svegliare le comunità cristiane sui fenomeni provocati dall’uso distorto del potere, sulle piaghe inflitte dai nuovi faraoni… Noi dobbiamo darci da fare perché la vita vinca ecco ciò che Dio vuole da noi. Non cedere alla possibile catastrofe è iniziare a costruire l’arca.
Costruire l’arca per portare con sé in salvo tutta la creazione. Una coppia di ogni essere vivente. Portare in salvo ora, adesso, domani è già tardi. Portare in salvo nel tempo, la potenzialità generativa di ciascun seme ed essere vivente che è sulla terra per le generazioni future…. «Viene il Figlio dell’uomo» perché nulla della sua creazione sia lasciato in balia delle forze del male. Nulla va distrutto e perduto di quanto il Creatore ci ha dato e affidato. Tutto ci è dato in prestito da chi verrà dopo di noi. Ogni cosa della creazione va portata via, portata in salvo.
Non domani. Adesso è il futuro. Le nostre chiese più che musei d’arte o depositi del sacro siano quell’arca, dove raccogliere tutti i semi di vita, tutto ciò che vive sulla terra, dove possono entrare e trovare casa tutti gli elementi della creazione mentre noi si galleggia sulle acque? Nelle nostre liturgie come risuona oggi la Parola che crea il mondo? Bisogna tornare a leggere e praticare la Scrittura che ci rimanda alla Creazione come prima Parola di Dio rivolta all’uomo perché l’uomo sia interprete del compito assegnatogli nel segno della cura. Diversamente la Scrittura, come la natura, rimane lettera morta e muta. Beati coloro che si lasciano stupire, senza essere sprovveduti. Il Figlio dell’uomo non li sorprenderà come un ladro che viene a scassinare la casa.