Cresce il numero delle persone costrette a fuggire da guerre e persecuzioni. Lo dice il rapporto Global Trends pubblicato dall’Unhcr, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato 2017.
Secondo il rapporto il fenomeno delle migrazioni forzate causate da guerra, violenze e persecuzioni in tutto il mondo ha raggiunto nel 2016 il livello più alto mai registrato. Alla fine del 2016 le persone costrette ad abbandonare le proprie case in tutto il mondo sono 65,6 milioni – circa 300.000 in più rispetto all’anno precedente. Questo dato rappresenta un numero enorme di persone che necessitano di protezione in tutto il mondo.
Il totale di 65,6 milioni è costituito da tre componenti principali. La prima è il numero dei rifugiati a livello mondiale che, attestandosi a 22,5 milioni, rappresenta il più alto mai registrato. Di questi, 17,2 milioni ricadono sotto il mandato dell’Unhcr, mentre i rimanenti sono rifugiati palestinesi sotto il mandato dell’organizzazione sorella Unrwa, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati della Palestina.
Il conflitto in Siria rimane la principale causa di origine di rifugiati (5,5 milioni), ma nel 2016 il principale “nuovo” elemento è stato il Sud Sudan, dove la disastrosa interruzione del processo di pace ha contribuito alla fuga di 739.900 persone alla fine dell’anno (diventate, oggi, 1,87 milioni).
La seconda componente è rappresentata dalle persone sfollate all’interno del proprio Paese, il cui numero si è attestato a 40,3 milioni alla fine del 2016 (rispetto ai 40,8 milioni dello scorso anno). Gli spostamenti forzati all’interno di Siria, Iraq e Colombia sono stati i più significativi, sebbene tale problema sia presente ovunque e rappresenti quasi i due terzi delle migrazioni forzate a livello globale.
La terza componente sono i richiedenti asilo, persone fuggite dal proprio Paese e attualmente alla ricerca di protezione internazionale come rifugiati. Alla fine del 2016 il numero di richiedenti asilo a livello mondiale è stato di 2,8 milioni.
Tutto ciò si aggiunge all’enorme costo umano delle guerra e delle persecuzioni a livello mondiale: il fatto che 65,6 milioni di persone siano in questa situazione significa che in media, nel mondo, 1 persona ogni 113 è costretta ad abbandonare la propria casa – vale a dire un numero maggiore del 21esimo Paese più popoloso del mondo, il Regno Unito.
“È una situazione inaccettabile da cui emerge sempre più chiaramente la necessità di solidarietà e di uno sforzo comune nel prevenire e risolvere le crisi, assicurandosi nel frattempo che rifugiati, sfollati interni e richiedenti asilo siano adeguatamente protetti e assistiti in attesa che vengano trovate soluzioni adeguate”, ha dichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi. “Dobbiamo fare di più per queste persone. In un mondo in conflitto, quello che serve sono determinazione e coraggio, non paura”.
Un dato fondamentale riportato nel Global Trends è che le migrazioni forzate di persone che in precedenza non erano mai state costrette ad abbandonare le proprie case rimane a livelli molto alti. Nel 2016, sono stati 10,3 milioni i nuovi migranti forzati, circa due terzi di loro (6,9 milioni) sono fuggiti all’interno dei confini nazionali. Ciò significa che nel mondo ogni 3 secondi 1 persona è costretta ad abbandonare la propria casa – meno del tempo necessario per leggere questa frase.
Allo stesso tempo, il numero più elevato di rifugiati e sfollati interni che sono ritornati a casa, insieme ad altre soluzioni come il reinsediamento in Paesi terzi, mostrano che, per alcuni, il 2016 ha portato prospettive di miglioramento della propria condizione. Circa 37 Paesi hanno ammesso un totale di 189.300 rifugiati ai propri programmi di reinsediamento. Circa mezzo milione di altri rifugiati hanno potuto fare ritorno nei loro Paesi di origine e circa 6,5 milioni di sfollati interni sono tornati nelle loro zone – anche se molti lo hanno fatto in situazioni non ideali, restando quindi in condizioni di incertezza.
In tutto il mondo, alla fine del 2016 la maggior parte dei rifugiati – l’84% – si trovava in Paesi a basso o medio reddito, con una persona su tre (per un totale di 4,9 milioni) ospitata nei Paesi meno sviluppati. Da questo enorme squilibrio ne conseguono diverse osservazioni: la continua mancanza di consenso internazionale in materia di rifugiati e la vicinanza di molti Paesi poveri alle regioni in conflitto, tra le altre. Emerge altresì la necessità dei Paesi e delle comunità ospitanti di ricevere risorse e sostegno, senza i quali c’è il rischio che possano crearsi situazioni di instabilità, con conseguenze sulle operazioni umanitarie o sui flussi migratori secondari.
La Siria è ancora il Paese con il numero più alto di persone in fuga: 12 milioni di individui (quasi due terzi della popolazione) sfollati interni al Paese o fuggiti all’estero come rifugiati o richiedenti asilo. Lasciando da parte la situazione dei palestinesi rifugiati di lunga data, colombiani (7,7 milioni) e afghani (4,7 milioni) rappresentano anche quest’anno, rispettivamente, la seconda e la terza popolazione di rifugiati più vasta, seguiti da iracheni (4,2 milioni) e sud sudanesi (il cui numero ha raggiunto i 3,3 milioni alla fine dell’anno, seguendo un tasso di incremento maggiore rispetto a qualsiasi altra popolazione del mondo).
I bambini, che costituiscono la metà dei rifugiati del mondo, continuano a sopportare sofferenze sproporzionate, soprattutto a causa della loro situazione di maggiore vulnerabilità. Nel 2016 le richieste di asilo presentate da bambini non accompagnati o separati dai loro genitori sono state 75.000. Un numero che, secondo il rapporto, rappresenta probabilmente una sottostima della situazione reale.
L’Unchr stima che, alla fine del 2016, almeno 10 milioni di persone risultavano prive di nazionalità o a rischio apolidia. Tuttavia, i dati raccolti dai governi e comunicati all’Unhcr riferivano soltanto di 3,2 milioni di persone senza nazionalità in 75 Paesi.