Le misure messe in campo dal governo contro la povertà non bastano per tutti le persone che vivono in povertà assoluta. In Italia, 1 milione 292 mila bambini si trovano in condizione di povertà assoluta. Una condizione di deprivazione che in età infantile ha effetti immediati molto più ampi e gravi che in età adulta e che impatta in maniera devastante su quelli che sono gli scenari futuri del nostro paese dal punto di vista sociale e socio-economico
Si rafforzano, ma continuano a non bastare per tutti gli italiani che ne avrebbero bisogno, le misure messe in campo dal governo contro la povertà. Allo stato attuale, riceveranno il Rei solo 1,8 milioni di individui, cioè il 38% del totale della popolazione in povertà assoluta: pertanto il 62% delle persone che vivono in estrema difficoltà ne rimarrà escluso. Il 41% dei minori in povertà assoluta non sarà raggiunto dalla misura al suo avvio (la percentuale potrebbe subire una leggera variazione a partire da luglio 2018, quando è prevista un’estensione della platea senza più la logica della composizione familiare e il massimale annuo del Rei viene incrementato del 10% per i nuclei familiari con 5 o più componenti).
Troppo poco rispetto alle necessità. Per rendere davvero universale lo strumento servirebbero molti più fondi, considerando che nel nostro Paese a trovarsi in condizioni di povertà assoluta sono 4,75 milioni di italiani, il 7,9% della popolazione complessiva.
A poche settimane dall’approvazione della prima misura nazionale di contrasto alla povertà assoluta, Fondazione L’Albero della Vita organizza una giornata di confronto e discussione su uno degli aspetti della povertà non ancora del tutto esplorato in tutti i suoi aspetti: quella dei minori.
Quello che si sta prendendo in considerazione è un fenomeno assolutamente primario del nostro Paese. In Italia, infatti, 1 milione 292 mila bambini si trovano in condizione di povertà assoluta. 1 bambino su 8. Una condizione di deprivazione che in età infantile ha effetti immediati molto più ampi e gravi che in età adulta e che impatta in maniera devastante su quelli che sono gli scenari futuri del nostro paese dal punto di vista sociale e socio-economico. Non agire nel presente sulle condizioni che affliggono i bambini pone un’ipoteca su quello che sarà il futuro di un’intera generazione. E’ con questa consapevolezza che gli interventi a favore dei minori devono essere considerati come un importante investimento capace di generare un ritorno anche in termini socio-economici nel lungo periodo.
Questa vera emergenza del nostro Paese richiede di definire con grande attenzione i bisogni centrali del bambino e soprattutto nuove regole della relazione di aiuto che possano realmente portare un cambiamento nella vita dei bambini e delle loro famiglie. Per avere benefici tangibili gli interventi verso il minore dovrebbero abbracciare tutto il nucleo familiare e coinvolgere le comunità.
“Il Rei è una grande conquista che ha il sapore del riconoscimento di dignità e di cittadinanza” dichiara Ivano Abbruzzi, presidente di Fondazione L’Albero della Vita “Perché segni un reale passo di discontinuità con le logiche assistenziali del passato occorre che il sistema di inclusione attiva funzioni davvero. E’ necessario capitalizzare i maggiori sforzi di tutti i livelli istituzionali per la riuscita di questo nuovo modello di contrasto alla povertà. E’ infatti indispensabile dar vita a un sistema di intervento sociale che promuova l’empowerment dell’intero nucleo familiare a partire dai genitori e che metta al centro il benessere, i diritti e le opportunità di sviluppo dei soggetti di minore età, veri beneficiari di qualsiasi misura.
Fondazione L’Albero della Vita attiva dal 2014 con il programma nazionale di contrasto alla povertà – Varcare La Soglia – in 5 città d’Italia, utilizza un approccio che riconosce alla famiglia un potenziale inespresso e le capacità di uscire dallo stato di povertà ed essere risorsa per se stessa, per i suoi componenti più piccoli e per la comunità. Obiettivo generale dell’intervento è la promozione della resilienza della famiglia e del minore, un processo dinamico in cui sviluppare le competenze necessarie per affrontare i cambiamenti e costruire il proprio futuro, favorendo il passaggio da una visione fondata sulle mancanze ad una fondata su progettualità e sulle risorse.
Dopo tre anni di lavoro in questa direzione, coniugando interventi di sostegno materiali, di supporto psicosociale, sostegno all’inserimento lavorativo e messa in rete delle famiglie, Fondazione L’Albero della Vita promuove in collaborazione con Human Foundation, il primo studio in Italia di valutazione di impatto e di costi-benefici del programma di contrasto alla povertà minorile. L’analisi prenderà in considerazione sia gli effetti che la povertà minorile ha nel presente sia gli effetti che si riflettono nel futuro del bambino aiutato (come il minor reddito, la maggiore esposizione a fenomeni di devianza e un peggiore stato di salute psico-fisica).
“Nella pluralità di bisogni che emergono dalla conformazione che la povertà ha assunto nelle società moderne” dichiara Patrizio Paoletti, presidente della Fondazione Patrizio Paoletti per lo Sviluppo e la Comunicazione “è importante sottolineare la centralità di lavorare sullo sviluppo delle leve per il cambiamento. Occorre incontrare le famiglie – genitori e figli – sul terreno dei potenziali e delle aspirazioni, sulle risorse che possono essere messe in gioco per un progetto di uscita dalla povertà. Con le famiglie il lavoro mirerà allora allo sviluppo di consapevolezze, al rafforzamento della capacità di ripensarsi e prefigurare nuovi scenari e allo stabilirsi di relazioni capaci di rafforzare resilienza. È questa attivazione, questo movimento verso la ricerca e la generazione di nuove opportunità, che consentirà di valorizzare al massimo le risorse economiche, sociali e lavorative che i territori sanno mettere a disposizione per fare avanzamenti significativi in un percorso di uscita dalla condizione di povertà”.
“Siamo davvero lieti di poter collaborare con l\’Albero della Vita nella valutazione del programma Varcare La Soglia” ha dichiarato Federico Mento, direttore di Human Foundation. “La sfida che ci attende è ambiziosa, da un lato, attraverso la valutazione avremo modo di comprendere l\’impatto del programma sulla vita dei beneficiari, alcuni elementi sull\’efficacia dell\’intervento sono già emersi nel corso dell\’analisi qualitativa, soprattutto rispetto ai processi di empowerment delle famiglie. Dall\’altro, intendiamo produrre una serie di dati ed evidenze che possano orientare il decisore pubblico nella programmazione degli interventi di contrasto alla povertà minorile. Sia a livello di PA che di società civile, emerge spesso un\’interpretazione erronea del ruolo della spesa pubblica per il welfare, percepita come \”improduttiva\”. Attraverso la valutazione crediamo si possa offrire una diversa prospettiva: le risorse a sostegno di politiche sociali efficaci sono a tutti gli effetti un investimento di lungo periodo, con implicazioni positive sia nelle vite dei beneficiari che nell\’allocazione della spesa pubblica.\”
Roberto Rossini – portavoce di Alleanza contro la Povertà – dichiara “Riporre al centro la povertà minorile è tra i punti centrali del recente Rapporto di Valutazione: dal SIA al REI realizzato dall’Alleanza contro la Povertà. La povertà minorile e giovanile e le strategie di rottura della trappola della povertà vanno rilette tenendo presente tre elementi. Il primo è lo scambio di pratiche su soluzioni e modelli innovativi adatti ai diversi contesti. Il secondo è costituito dalle possibili integrazioni con altri benefit e servizi utili alla presa di nuclei in cui ci sono figli. Il terzo concerne l\’attenzione ai minori 0-6 anni, agli adolescenti e ai giovani di oltre 16 anni (adempimento dell\’obbligo di istruzione), i quali esprimono bisogni differenziati”.
Sul tema, il presidente del Consiglio Nazionale degli Assistenti Sociali, Gianmario Gazzi, si esprime in questi termini “La priorità deve essere data ad interventi che puntino a una effettiva infrastrutturazione dei servizi. Per farlo servono maggiori investimenti sia sulla figura professionale dell’assistente sociale che sui servizi sociali nel loro insieme. Serve anche lavorare sinergicamente per far crescere ulteriormente le specifiche competenze attraverso una formazione, universitaria ma non solo, che consenta di intercettare meglio i rischi legati ai quei mutamenti sociali che oggi definiamo spesso \”epocali\”. Oltre a questo serve anche permettere ai professionisti di lavorare in sicurezza ed il tema delle aggressioni quotidiane deve farci preoccupare tutti”. “Non va poi dimenticata l’esigenza” conclude il presidente degli assistenti sociali italiani “di omogeneizzare le capacità di risposta ai problemi della povertà indipendentemente dal luogo dove si ha la (s)fortuna di nasce e vivere”.\”