A cura di Daniele Rocchetti, delegato nazionale alla Vita Cristiana
Dopo il mio articolo sugli “ultimi cristiani”, un parroco della nostra diocesi mi manda un lungo messaggio. Tra le altre cose scrive: “La domanda che mi pongo è: la Chiesa non ha tradito il suo messaggio in questi ultimi anni? E in particolare mi riferisco a papa Francesco. Non nascondo il mio amore sviscerato per papa Benedetto, un grande uomo incompreso e forse rivalutato troppo tardi. In teologia mi hanno insegnato che la Verità che i primi apostoli insegnavano era: Gesù è morto e risorto. Punto! Nell’insegnamento e nelle omelie del santo Padre leggo discorsi che come fine hanno l’accoglienza, la pedofilia, atteggiamenti morali… Ci leggo molto poco una esposizione chiara e cristallina del Vangelo nella sua profonda verità”.
Riprendo in mano il messaggio del parroco dopo aver letto l’intervento di Benedetto XVI sugli abusi sessuali pubblicato su un mensile bavarese ma anticipato alla stampa nei giorni scorsi. Un testo che mette al centro da una parte la questione, cara da sempre al teologo tedesco, di un mondo occidentale che eliminando la pertinenza della questione della verità fa a meno di Dio e quindi, dal punto di vista morale, di criteri per dire cosa è bene e cosa è male. Dunque, l’urgenza, per chi si dice cristiano, di una sempre profonda conversione perché “la forza del male nasce dal nostro rifiuto dell’amore di Dio”. Dall’altra, “il collasso” della Chiesa, concomitante, per Ratzinger, con la “rivoluzione del ‘68”. Collasso di vocazioni sacerdotali, enorme numero di dimissioni dallo stato clericale, collasso della teologia morale che, in nome dell’etica della situazione, appare piegata al relativismo e silente di fronte alle trasformazioni della società.
Lo sguardo di Papa Ratzinger non è quello di Papa Bergoglio
Proprio su questo secondo aspetto, al di là delle dichiarazioni formali, è evidente la diversità di sguardi di papa Francesco e del suo predecessore. Non è un caso che le questioni sollevate da Bergoglio a proposito della pedofilia (il clericalismo, l’abuso di potere) siano ignorate negli “appunti” di Benedetto. E che ci sia, di fondo, un giudizio diverso sul Concilio Vaticano II e sulla successiva applicazione.
Massimo Faggioli sull’Huffington Post scrive che la rilettura di Ratzinger è una “caricatura” e una “pornografizzazione del post-concilio”. Un commento severo, forse troppo. Restano però aperte alcune questioni. Tra queste: se la pedofilia è dovuta ad una mancanza di fede, perché allora così tanti preti tra gli abusatori? Perché “così tanti grandi fondatori di comunità nuove, alcuni dei quali tradizionalisti e fortemente avversi alla modernità, che papa Giovanni Paolo II ha continuato a portare ad esempio?” (Marie-Jo Thiel)
La scorciatoia facile: criticare Papa Francesco
Il rischio della presa di posizione di Benedetto è, al di là delle intenzioni, di mettere in difficoltà papa Francesco, giustificando le paranoie di quanti ancora sostengono l’idea che il vero e grande Papa è quello tedesco, non l’argentino. Come il parroco della lettera con cui ho aperto l’articolo. Di fronte alla crisi profonda e radicale che sta investendo la fede cristiana e la credibilità della chiesa cattolica, la tentazione di molti è di sottrarsi alla conversione continuamente chiesta da papa Francesco. Il quale, scrive Giancarlo Gaeta, “non appare interessato a ridare prestigio e centralità sociale alla Chiesa, bensi a rendere evidente la necessità di coniugare in tutt’altro modo il rapporto tra Chiesa e Vangelo, restituendo a quest’ultimo il primato ceduto all’istituzione sin quasi dall’inizio della storia cristiana”.
Ratzinger parla di una Chiesa che non c’è più. Per questo si è dimesso
La questione di fondo l’ha sollevata con acutezza Andrea Grillo. Che ad una domanda se il testo di Ratzinger sia un manifesto per il post Francesco, risponde così: “Io dico di no. Piuttosto, vi è qui il segno di un “passaggio di generazioni”. Sia chiaro, alcuni potranno cercare di approfittare di queste pagine. Questo è fuori di dubbio, Ma il testo, di per sé, è il documento di un modo di pensare Dio, la Chiesa e il cristianesimo che non riesce ad uscire dalle evidenze classiche e continua ad esprimersi come se avesse di fronte la Chiesa di 70 anni fa. Non ci sono, quindi, manifesti del post-Francesco. Questo è chiaramente un testo del pre-Francesco. Tutto quello che vi si dice, parla dal e del passato. Ma è utile per capire che quella strada, quel modo di pensare la Chiesa, quella maniera di proporre soluzioni su cose che non si riescono a capire, è definitivamente e irrimediabilmente finita. Il testo rimane sempre al di qua di Francesco, di ogni sua parola e di ogni suo gesto. Ratzinger lo sa. Per questo si è dimesso. Perché lo sa. Sa di non potere. Il suo silenzio ordinario lo attesta. Ma anche le sue parole “extra ordinem” lo confermano.”