È iniziata Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, la 28esima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, COP28, l’ambizioso appuntamento annuale che ogni anno in un Paese diverso si pone l’obiettivo di provare a contrastare gli effetti del riscaldamento globale.
Dopo 30 anni d’impegni disattesi cresce nell’opinione pubblica la convinzione che il tempo per le “chiacchiere” sia ampiamente scaduto e che tutto ci si possa attendere da Dubai tranne altre parole e promesse vaghe.
Papa Francesco nella Laudate Deum ci ricorda che la nostra Terra ha la necessità di affrettare la messa al bando dei combustibili fossili, per andare nella direzione di una rapida e monitorata transizione a fonti energetiche pulite e rinnovabili.
La COP28 NON può quindi essere una semplice, l’ennesima, Conferenza ma un vero e proprio punto di svolta che non porti a impegni vaghi ma ad accordi concreti e vincolanti presi da Nazioni responsabili delle proprie azioni future.
Purtroppo fin dal primo giorno fanno più rumore le assenze. Quella non voluta di Papa Francesco, che sarebbe stato il primo Pontefice a parteciparvi, le cui condizioni di salute ne hanno impedito la partenza. E quelle dei leader delle due super potenze mondiali, Biden e Xi Jimping. In particolare spiace non avere Francesco a Dubai. Tanto il Papa si era speso nelle ultime settimane richiamando l’attenzione su questo fondamentale appuntamento, forse ultima possibilità per un cambiamento decisivo per le sorti del nostro Pianeta.
Anche il contesto pare non aiutare. Non passa inosservato il fatto che COP28 si svolga in uno dei principali Paesi produttori di Petrolio (il quarto a livello mondiale) e che la Conferenza sia presieduta dal Sultano Ahmed al Jaber, ministro dell’Industria e Ceo della compagnia petrolifera di Stato ADNOC, azienda da oltre 4 milioni di barili di petrolio al giorno.
Sebbene ad oggi abbiano fatto pochi progressi, portati avanti molto lentamente e senza mai risolvere definitivamente nessun aspetto del cambiamento climatico, le COP rappresentano il solo contesto in cui la Comunità Internazionale nel suo insieme si interessa del cambiamento climatico e dei suoi terribili effetti.
A Dubai tre saranno i punti principali in agenda: come e quando ridurre l’uso dei combustibili fossili, una valutazione su cosa è stato fatto sinora (a Dubai si conclude il primo dei “controlli” sugli eventuali effetti delle azioni intraprese, previsti dalla Cop di Parigi) e l’istituzione di un fondo per compensare i paesi più colpiti dai cambiamenti climatici per danni e perdite (a Sharm el-Sheikh COP27 si era arrivati all’accordo per istituirlo ora lo si dovrebbe, in teoria, definire nelle sue caratteristiche e quindi attivarlo).
La nostra speranza è che il Mondo intero possa ricordare COP28 come la prima Conferenza in grado di apportare cambiamenti concreti nella dura lotta per salvare la nostra Terra dall’eccessivo surriscaldamento. Ce lo chiedono i tanti che stanno già soffrendo le drammatiche conseguenze di un clima che cambia a un ritmo troppo veloce per non avere ripercussioni pesanti sulla vita di chi abita i luoghi più esposti al rapido cambiamento. Ma ce lo chiedono anche i numeri dei costi che già oggi sopportiamo per “curare” gli effetti del climate change. Standard & Poor’s ha inoltre stimato che circa il 4.4% del PIL mondiale potrebbe essere necessario, già entro il 2050, per mitigare i danni procurati da siccità, incendi, alluvioni, uragani dirette conseguenze dell’innalzamento della temperatura media mondiale, se fallirà il tentativo di contenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2 gradi e in assenza di adeguate politiche di adattamento.
Non possiamo continuare a sfruttare la nostra Casa comune a danno come sempre dei più poveri, dobbiamo promuovere politiche pubbliche che stimolino l’emergere di nuovi stili di vita, metodi di produzione e consumo innovativi e sostenibili, nell’ottica di un rapporto armonioso tra uomo e natura nel rispetto dei diversi ecosistemi e della biodiversità.
Papa Francesco ci ricorda che “non esistono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone “ (LD70). Tutti noi dobbiamo quindi essere parte attiva di questo necessario cambiamento, a partire dai nostri stili di vita. Accompagniamo quindi le giuste richieste ai “grandi” del mondo ad essere finalmente concreti a Dubai con le azioni di cambiamento che riguardano le nostre vite quotidiane, consapevoli che il tempo sta per finire, che le evidenze scientifiche ci hanno ampiamente messo in guardia dalle disastrose conseguenze di ogni ulteriore ritardo e che il costo dell’inazione non potrà che aumentare.
Per questo anche come Acli chiediamo di aderire all’appello del Movimento Laudato Sì al Presidente Ahmed al Jaber a far si che COP 28 SI IMPEGNI ad evitare ulteriori ritardi nella lotta al cambiamento climatico e arrivi ad accordi concreti e vincolanti in tal senso.