“L’approvazione dell’autonomia differenziata modificherebbe l’assetto istituzionale e costituzionale di questo Paese, ma anche il nostro modello sociale”. Così Antonio Russo, vicepresidente nazionale Acli e Portavoce Alleanza contro la povertà, che ha aperto questa mattina la Conferenza Nazionale di Coesione Territoriale, organizzata dalle Acli a Napoli. Il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata, approvato al Senato a gennaio, è stato al centro del dibattito di questa ultima giornata di incontri.
“Le Acli per la loro storia si sentono chiamati a difendere la Costituzione che abbiamo contribuito a scrivere 80 anni fa”, ha continuato Russo. “Con la riforma a regime, l’Italia tornerebbe al feudalesimo e questo causerebbe la fine dello stato unitario. Un sogno secessionista da cui nasceranno 21 stati-regioni con 23 materie di competenza legislativa esclusiva, tra cui la scuola, i trasporti, le infrastrutture, la sanità. Ci sarebbe anche la possibilità di realizzare macro regioni: una specie di Brexit in salsa italiana. Siamo di fronte ad un regionalismo divisivo, concorrente e competitivo. Il vero tema è il federalismo fiscale grazie al quale si potrebbe realizzare una forma esasperata di darwinismo istituzionale, dove resiste chi ha un gettito fiscale superiore. A riforma ultimata Il 33% del gettito fiscale nazionale andrebbe a Lombardia e Veneto”.
“Il rischio è che il principio iscritto nella Costituzione, che agevola la realizzazione di un regionalismo solidale, si trasformi in un processo che legittima il separatismo. È una riforma che, come avrebbe detto don Milani, fa parti uguali tra diseguali. Noi auspichiamo che ci sia un movimento civico di forte opposizione a questa legge. Rivolgiamo un appello a tutte le forze politiche del Governo: per favore fermatevi, non commettete questo errore”, ha concluso Russo.
Giovanna De Minico, docente di diritto costituzionale all’Università Federico II di Napoli, ha spiegato come questa riforma presenti un rischio di incostituzionalità: “Il disegno di legge Calderoli, già approvato al Senato, dimentica due valori: quello persona e quello dello Stato, inteso in una accezione di solidarietà. Il regionalismo pensato dai nostri padri costituzionali era di tipo cooperativo; questo nuovo regionalismo è invece di tipo competitivo. Se si differenzia a vantaggio delle regioni che lo chiedono, rimane poco per i livelli essenziali delle prestazioni, che rappresentano i nostri diritti sociali, dall’istruzione alla sanità. Per questo il Costituente ha stabilito che devono restare nelle mani del Parlamento. I lep misurano il grado di democraticità di una nazione: lo stato è più democratico quanto meno persone lascia indietro. Con l’articolo 116, introdotto dalla legge di riforma del titolo V, Calderoli sta dando attuazione ad una norma prevista in Costruzione. Non è incostituzionale, lo è questa modalità. In uno solo colpo si viola l’art.2, che mette la persona al centro, l’art.5 perché siamo vicini ad una secessione nel momento in cui si rompe l’unità nazionale, e l’art. 3 perché l’uguaglianza sostanziale si applica alla rovescia”.
All’incontro è intervenuto anche Ciro Bonajuto, sindaco di Ercolano e vicepresidente ANCI: “Il Governo Meloni sembra aver cancellato dall’agenda politica la parola Mezzogiorno. La battaglia contro l’autonomia differenziata non è la battaglia di un sindaco del sud contro un sindaco del nord. È la battaglia sul futuro dei nostri figli. Non si rendono conto che noi qui combattiamo a mani nude. Non possono esserci equità sociale e una crescita reale, se il gettito fiscale non viene distribuito in base alle esigenze collettive. Ci dovete mettere sulla stessa linea di partenza. Ci sono settori in cui a noi è rimasta sola la speranza: nell’istruzione, nei trasporti, nella sanità. Se il 79% delle scuole al sud non ha la mensa, parlare di occupazione femminile è solo retorica. Io temo che ci sia una scelta politica chiara del ministro Calderoli e della Lega di condannare il Mezzogiorno al reddito di cittadinanza e all’assistenzialismo. A questa scellerata decisione politica dobbiamo ribellarci senza quel pressapochismo meridionale che ci ha condannato nei secoli scorsi. Vogliamo essere il sud del merito, del lavoro e del coraggio”.
Vincenzo De Luca, presidente Regione Campania, ha partecipato al dibattito, sottolineando come “l’autonomia differenziata possa portare ad una rottura dell’unità nazionale”. “Non vogliamo togliere una virgola al nord, ma chiediamo che le risorse aggiuntive siano destinate al sud”, ha detto De Luca. “Dobbiamo capire il pericolo che rappresenta questa riforma e fare una operazione verità perché è ricominciato il racconto sul sud parassita, cialtrone. Abbiamo fornito i dati: la media di spesa pubblica allargata del centro nord è di 16mila euro pro capite ogni cittadino, la media del sud è di 13mila euro pro capite ogni cittadino. In Campania è di 12mila euro pro capite ogni cittadino. Rispetto al nord (17mila) abbiamo 5 mila euro in meno di spesa pubblica. Ci vorrebbero 30 miliardi di euro in più per portare la Campania al livello medio del centro nord”.