«Esprimo il cordoglio ai familiari delle vittime e la ferma condanna delle Acli degli attentati di questa mattina che hanno sconvolto Bruxelles e che hanno portato un durissimo attacco al cuore dell’Europa», ha dichiarato Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli sulla nuova catena di attentati avvenuta questa mattina sul nostro continente.
Mentre sulle ore degli attacchi l’amico aclista, Luca Jahier, presidente del Gruppo III – Attività diverse presso il Comitato economico e sociale europeo (Cese) ci ha mandato una testimonianza, trovandosi sul metro dietro quello esploso nella stazione di Maalbeck.
«La capitale belga – ha affermato il presidente nazionale Bottalico – non è solo la sede di molte istituzioni europee ma anche della Nato. Quanto successo questa mattina non fa che confermare il fallimento della strategia dell’Alleanza Atlantica per il Medio Oriente. Si sono destabilizzati stati, fomentati gli odi etnici e religiosi con un prezzo altissimo di perdite tra le popolazioni civili e di profughi di guerra che chiedono asilo ai confini dell’Europa, ed adesso questo caos che si è concorso a produrre, si riversa sull’Europa fino a lambire il quartier generale di quell’Alleanza che prometteva di garantire la nostra sicurezza.
Si è di fronte ad un altro episodio di quella strategia della tensione cui è sottoposta l’Europa. A quanti sull’onda dell’emozione esortano nuovamente l’Europa alla guerra ed invocano una risposta autoritaria con nuove restrizioni alle libertà personali, va ricordato che molti stati europei sono già da anni in guerra in Medio Oriente e in Nord Africa: è arrivato il tempo di porsi delle domande su questi conflitti, se la lunga guerra al terrore ci abbia resi più o meno sicuri, e di scongiurare conflitti futuri, a cominciare da un nuovo intervento armato in Libia, sul quale, saggiamente, l’Italia ha già manifestato la sua contrarietà. Le Acli sostengono la posizione del Governo sulla Libia e lo esortano a mantenerla salda anche in presenza di molteplici forme di pressione per la guerra.
La risposta agli attentati di Bruxelles deve arrivare anche in termini di maggiore severità della comunità internazionale verso quegli Stati che con parte dei proventi della vendita del petrolio finanziano il terrorismo internazionale, promuovono delle guerre “low cost” che col minimo investimento permettono di attuare spregiudicati disegni geopolitici. Dobbiamo superare una situazione che vede l’Unione Europea applicare sanzioni a stati che dovrebbero essere considerati dei naturali alleati nella lotta al terrorismo, come la Federazione Russa, e a non prendere misure verso quei Paesi da cui provengono finanziamenti e supporti alle reti terroristiche. Devono esser presi provvedimenti severi anche verso quelle agenzie private di mercenari, i cui combattenti sono spesso responsabili delle azioni più efferate nei territori controllati dal sedicente stato islamico, in Yemen ed in tanti altri conflitti.
Un altro fondamentale piano della lotta al terrorismo è costituito dalle politiche di integrazione, per evitare che nei quartieri ad alta densità di immigrati delle periferie delle città europee possa attecchire il messaggio radicale dei reclutatori di manovalanza per le stragi. Nella lotta al terrorismo – conclude Bottalico – è ora di cambiare rotta».
Luca Jahier, ancora scosso per quanto successo, conferma che le linee telefoniche non hanno funzionato durante la giornata: «Siamo tutti storditi, ero sul metro dietro quello esploso. Maalbeck è la mia stazione di metro da 6 anni. La città è sotto assedio. Livello 4 significa stato di guerra. Il bilancio sfiora i 40 morti e oltre 170 feriti. Certo la sicurezza lascia desiderare, ma l’attacco al cuore dell’Europa è durissimo. Per ora estremisti vincono e vince società della paura. La Francia ha chiuso le proprie frontiere. Nessuno in fondo sa cosa fare. Ci sono voluti 4 mesi per prendere i due fuggitivi dell’attentato di Parigi. Qui ci sono alcune centinaia di foreign fighters ritornati cellule dormienti. Con reti di connivenza e copertura nei quartieri a alta presenza islamica radicale e nelle reti di microcriminalità che non è seconda a quelle di tipo mafioso». Jahier ricorda che in questi ambienti è alto l’uso di sostanze stupefacenti: «Questi non sparano solo, ma si imbottiscono di anfetamine, e si riempiono le tasche di tritolo e si fanno saltare in luoghi pubblici. Che Dio perdoni la nostra troppo lunga insipienza e i disastri che abbiamo lasciato crescere in mezzo a noi e lungo i nostri confini. Temo pagheremo un prezzo altissimo, in vite, libertà e fiducia tra popoli e paesi. Preghiamo e andiamo avanti».